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giovedì 4 aprile 2013

Introduzione a "I mestieri delle gatte - gattosìe e miciastrocche" (ed. La Vita Felice) di Manuela Minelli


Leggendo “I mestieri delle Gatte” di Manuela Minelli mi è venuto subito da pensare al nostro grande Gianni Rodari che amava moltissimo i gatti e che aveva, trai suoi progetti proprio quello di creare un libro di storie, poesie e disegni a loro dedicato.
Purtroppo, però, la prematura scomparsa gli ha impedito la realizzazione di quest’opera della quale, per fortuna, rimane testimonianza nel libro “Gli affari del Sig. Gatto” edito da Einaudi.
La Minelli riprende, forse anche inconsapevolmente, questo progetto, lo fa suo - probabilmente perché chi non può vivere senza penna e senza gatti è portato inevitabilmente ad unire le due cose – ed elabora un libro simpaticissimo e giocoso composto da filastrocche o, come è originalmente indicato sotto il titolo della raccolta,  da gattosìe e miciastrocche ed accompagnato dai bellissimi disegni di …..;
La lettura non solo ci riconduce ad un buon umore forse da troppo dimenticato in questi tempi difficili, ma ci porta anche a conoscere o a ri-conoscere la bellezza e la piacevolezza della convivenza con i nostri amici gatti,  abbattendo anche degli stereotipi, tristemente diffusi soprattutto tra coloro che non hanno mai avuto a che fare veramente con il mondo felino, e che rappresentano il gatto come un animale opportunista ed egoista.
Chi ha avuto un gatto nella sua vita sa che non c’è nulla di può sbagliato di questo. Il gatto, pur conservando la sua personalità, è veramente un amico fedele, capace di espressioni di affetto incredibili.
Ed è proprio questo che emerge nel libro di Manuela Minelli la quale ci parla della sua esperienza “felina” portandoci dentro le pareti della sua casa e facendoci conoscere i suoi abitanti pelosi attraverso i loro “mestieri” ovvero attraverso il comportamento che assumono nel relazionarsi con noi e con l’ambiente circostante. Si potrebbe dire che l’autrice trasforma in gattosìe e miciastrocche l’osservazione attenta e costante del modo di fare del gatto creando un’opera solo apparentemente “leggera” ma in realtà supportata da conoscenze profonde e che riscuoterebbe, sicuramente, anche il consenso del prof. Danilo Mainardi.
Del resto, l’aspetto giocoso del libro, l’allegria che da esso ne deriva rendono l’opera stessa facilmente e piacevolmente divulgabile non solo tra le persone, grandi e piccine, che amano e convivono con un gatto e che, quindi, lo apprezzeranno di certo, ma soprattutto tra coloro che non hanno avuto ancora la gioia di vivere questa esperienza. Non possiamo ignorare infatti che l’addomesticamento del gatto risale a circa 4000 anni fa e che già gli egizi erano rimasti affascinati da questo animale tanto da considerarlo sacro. Sicuramente il suo ruolo di predatore di piccoli roditori ha giocato un ruolo importantissimo nella sua diffusione domestica, ma ciò ha portato proprio a creare quell’unione uomo-gatto così intima e particolare messa ben in evidenza nel libro di Manuela Minelli.
Ultima piccola osservazione prima di lasciare il lettore al piacere di inoltrarsi nelle pagine di questo libro è il fatto che i gatti di cui parla l’autrice sono tutte “gatte”,  forse per evidenziare che la società felina, e quella dei gatti in particolare, è una società matriarcale con gruppi di femmine che vivono insieme per occuparsi della crescita dei loro piccoli. o forse perché l’autrice ha voluto rivendicare, anche attraverso le sue gattosìe e miciastrocche l’importanza del ruolo femminile in tutte le sue espressioni.
                                                                                                                  Cinzia Marulli





Nota di lettura su "Appunti per una Leggenda" di Mario Meléndez


Autore: Mario Meléndez
Traduzione: Emilio Coco
Titolo dell’opera: Appunti per una leggenda
Editore: Rocinante Editores

pubblicato sulla rivista "I fiori del male" n.

Appunti per una leggenda” pubblicato dall’editore messicano Rocinante editores  è la prima opera di Mario Meléndez  tradotta mirabilmente in italiano da Emilio Coco.
In quest’opera, che poi è l’estratto di una più ampia, Mario Meléndez  ci accompagna in una dimensione altra, ci fa travalicare i confini geografici del nostro paese, della nostra cultura e ci porta in un paese famoso e sconosciuto allo stesso tempo. Ma il viaggio è straordinario perché non sono servite lunghe marce a piedi, l’aereo o navi robuste per attraversare l’oceano; l’unico mezzo di trasporto che ci concede l’autore è la sua parola poetica.  E l’itinerario scelto è la sua anima. Dunque le poesie di Mario Meléndez ci portano a conoscere il suo mondo passando attraverso il suo sguardo; ma questo mondo non è solo quello visibile: in esso si frantuma la crosta terrestre e si penetra in fondo come radici alla ricerca dell’acqua, si scava nel dolore, nella solitudine, si sconfigge perfino la morte e  proprio la morte è, per così dire, il personaggio principe; essa, nelle poesie di Mario, diviene materia, persona; è quasi un’ossessione, un pensiero fisso e costante che dimostra come il vissuto storico e personale possa incidere profondamente in ogni aspetto del nostro essere.  La poesia di Mario è un racconto, è così naturale che sembra il parlare di un amico caro, ma al contempo è così profonda che ci smuove dentro, ci pone a confronto con noi stessi, ci chiama a raccolta davanti al senso reale dell’esistenza.
Affascinanti sono le metafore utilizzate dall’autore, che ci riportano sempre alla natura, alla nostra terra nella sua purezza selvaggia; così troviamo di uccelli di “sangue nell’esilio”, o i vermi di “precauzioni dell’ultima ora” e di “l’ultima cena”.  Particolare è la poesia d’amore “Portami” dove l’immagine della donna, della terra, della patria e della madre si fondono tra di loro.