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domenica 2 aprile 2017

Daniela Iodice su “Percosi” di Cinzia Marulli (Ed. La VitaFelice 2016)

Quando leggiamo il curriculum di Cinzia Marulli, i cui versi sono tradotti e diffusi in ogni continente, esperta in sinoindologia, raffinata traduttrice dei poeti cinesi detti “brumosi”, vincitrice con la raccolta inedita “La casa delle fate” del prestigioso Premio di Poesia “ Casa museo Alda Merini “  ed. 2016, siamo presi da un reverenziale  sgomento.
Ma leggendo i suoi versi ci giunge immediato e spontaneo il dono di un’anima schiva e pur generosa, che altro non desidera che mostrarsi ed essere accolta da chi sappia intendere il suo canto, per  vibrare all’unisono e camminare insieme alla ricerca del senso della vita nascosto nei gesti e negli oggetti i più umili e consueti, una ricerca, avverte l’autrice, che può essere compiuta solo con lo stupore di chi ha saputo conservare la capacità di scoprire il mondo con  “occhi di bambina ”(pag.36).
Non vorrei fare citazioni scontate andando con il pensiero alla poetica del fanciullino di pascoliana memoria o all’aforisma “l’importante è invisibile agli occhi” tratto dal “Piccolo Principe”; ma è Cinzia stessa a ribadire che  la chiave, che schiude la porta della presa di coscienza e  che giace a terra sconsolata in attesa di essere raccolta, può essere afferrata solo da chi ha conservato il cuore semplice e l’occhio chiaro di un bambino: ( pag. 34 ) “ …non ci sono serrature \ in quella porta \ il varco è aperto \ e attende \ attende il passo \ lentamente sorridere \ perché giocano i bambini \ e loro non hanno segreti \ e nulla è chiuso”. La  presa di coscienza è il prezzo da pagare, per quanto doloroso, per giungere alla conoscenza del Vero.
Il suo manifesto di poetica lo incontriamo nei versi di pag. 37, quando confida: “ Scrivo perché sento la luce farsi specchio \  perché cerco il percorso \ che mi porti a una meta senza arrivo,\….Scrivo perché un giorno un amico \ mi regalò una penna facendomi credere \  che fosse una bacchetta magica.
Per Cinzia il Poeta è colui che custodisce nel suo cuore, nell’anima sua , quella scintilla divina, quella luce che è in ogni essere umano, e la riflette duplicandola, moltiplicandola all’infinito e , attraverso la parola, la diffonde nel mondo per illuminare il percorso da compiere alla ricerca del senso della vita.
E cosa altro è la vita se non un percorso che conduce alla conoscenza del sé: “ Il sentiero si crea camminando” , scrive Antonio Machado, e non importa dove ci condurrà, ciò che importa è abbandonarsi all’alito del vento e avere il coraggio di lasciarsi trasportare ovunque vorrà.
La ricerca, il percorso alla ricerca del senso della vita, costituisce uno dei motivi di ispirazione dell’intera silloge, anzi il motivo che tutti gli altri sovrasta, tanto da darle il nome: “ Percorsi”.
Pa. 24: “ Dimmi.\ Copri questa domanda disperata. \ Dov’è il senso del sentiero? ”. L’interlocutore sconosciuto sembra non comprendere gli interrogativi che ingombrano l’animo del poeta. In realtà ha tutto inteso ( ma l’interlocutore chi è? )  e si chiede se  NOI  saremo in grado di vedere la Verità oltre il velo fumoso della nebbia che sembra ottundere la mente. La risposa è chiara e non eludibile. Per comprenderla non è sufficiente guardare avanti, è necessario sollevarsi al di sopra delle cose e delle vicende umane  per osservarle dall’alto in una prospettiva diversa e capovolta: prendere consapevolezza del presente e del passato per costruire e andare avanti incontro al futuro.
 La disperazione con cui il poeta pone la domanda non va intesa come rinuncia alla speranza stessa, ma come forza che si innalza al di là dei limiti dell’uomo, miserevoli, e lo sostiene in una ricerca che mai non si arrende: la ricerca alle risposte o di Colui che potrà rivelarle, le risposte agli interrogativi che dalla notte dei tempi accompagnano il passaggio dell’uomo sulla terra.
Se potessimo salire sulle spalle dei giganti del passato  per ricominciare dal punto in cui il loro percorso è stato interrotto! Bisogna scavare nell’animo dei grandi per coltivare il nostro, abbeverarsi alla loro sorgente per riprendere le forze e perseverare nel cammino della conoscenza. E  quando nel loro solco torneremo a fiorire, bisognerà avere il coraggio di gettare alle ortiche tutte le sovrastrutture, avere il coraggio di essere giudicati folli e intraprendere sentieri non conosciuti e magari malsicuri. Fermarsi a contemplare la strada percorsa con l’anima, senza voltarsi, proiettati verso il mistero che ancora attende. Non cadiamo nell’errore di Orfeo, sembra raccomandare Cinzia: dobbiamo avere la forza di non dubitare e cercare il nostro percorso attraverso le vie le più impervie e sconosciute. Dobbiamo avere fiducia nell’uomo, abbandonarci a quella scintilla della nous divina che arde in ciascuno di noi. Ed è questa la scintilla che guida da sempre la ricerca di Cinzia e conduce ognuno alla Verità mettendo da parte falsi obiettivi. In alto ( pag. 34 ) , è lì che attende il Vero, in cima a un sentiero talmente posseduto di luce e di calore che cerchi l’ombra; talmente faticoso da raggiungere da far agognare il riposo e accoglierlo con un sorriso come faremmo con un amico.
Bussola e guida nel viaggio è la PAROLA poetica, motivo dominante nella sezione” Il paradosso del cerchio”:
ogni punto non è solo un arrivo ma una nuova  partenza, asse e centro della poetica dantesca e della concezione cristiano-medievale della vita terrena intesa come pellegrinaggio avente come meta Dio e quindi il perfezionamento da raggiungersi attraverso la conoscenza, anche attraverso l’arte. (pag. 28) “A volte credo di averlo fatto il viaggio\....ma io ragiono con la misura della terra…”. Anche nella trappola del corpo-materia c’è una parte di noi librata in alto( Montale e il falco alto levato).
La PAROLA poetica di  Cinzia appare semplice e leggera, volteggia nella luce limpida del mattino o nell’aere brumoso insieme con l’alito del vento o il volo delle rondini, ma è acuminata e tagliente come una lama di cristallo, incide profondamente anima e cuore aprendo un varco insanabile da cui entrano ed escono incessantemente  i pensieri di ognuno di noi in perenne comunicazione: tutte le anime che popolano la terra sono in comunicazione tra di loro, bagnate dalla stessa pioggia, rabbrividiscono all’ombra delle stesse nubi che tentano di oscurare il sole ovunque esso vada.  Il tempo può cancellare le orme di chiunque sia di passaggio sulla terra, ma non l’impronta dell’Uomo nella sua incessante ricerca: non arrendiamoci, è la ricerca ciò che conta e non il paradiso, che può attendere, in eterno, inutile.
L’amore è la risposta a tutte le ricerche, anche le più affannose, le più disperate, l’amore, inteso come comunione di due anime; persino l’ineluttabilità del trascorrere del tempo e la forza della natura, a cui siamo costretti a piegarci, nulla possono contro l’amore: l’amore è più forte di tutto, da nulla è vinto e a nulla si piega (pag. 26).
Nella poesia  di Cinzia trovano voce anche gli affetti familiari,con accenti di intensa commozione; si intrecciano a volte con il tema della morte (In te, nella tua tomba \ mi distesi, padre…\ e mi gettai nel vuoto \...e nel viaggio mi ritrovai molecola \ e atomo \ …e quando giunsi a valle divenni erba \ e – ti vidi – padre \ affianco a me, anche tu germoglio.), intesa  come “ il riflesso della luce “, nel ciclo perpetuo della vita in cui nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma. È questa la sezione della poesia di Cinzia la più vicina al
pensiero lucreziano liberato dal peso del sensismo materialistico per trasformarsi in panismo decadente e dannunziano: sentirsi parte del tutto si sublima in una preghiera di grazie in un rinnovato cantico delle creature, che sottende una fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di costruire un futuro migliore,  in cui sia possibile fuggire la banalità di rassicuranti apparenze, per cercare le soluzioni ai problemi che da sempre affliggono l’umanità, soluzioni che ci siamo lasciati alle spalle per cecità o pigrizia.
Dal male e dal dolore può nascere  il bene – afferma Cinzia – facciamogli spazio per prepararci a cogliere nuovi sorrisi e ascoltare nuove melodie: “ Io preferisco la gioia (pag. 40 )”.

ROMA 31 marzo 2017


                                                                                                          DANIELA IODICE

2 commenti:

  1. Intensa lettura,analisi profonda come solo un"altra poetessa può fare, come solo chi intende la poesia in quanto lente unica per decodificare la realtà,sa fare.

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  2. Hai perfettamente ragione Annamaria. La nota di lettura di Daniela Iodice si caratterizza non solo per l'aspetto critico, ma anche e soprattutto per la sensibilità di cogliere aspetti e particolari visibili solo a un poeta. Quando leggo ciò che ha scritto mi commuovo infinitamente, non per orgoglio, ma per il senso di gratitudine verso la vita che mi ha privilegiato così tanto da farmi incontrare persone, donne così speciali come Daniela e te. Cinzia

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