Ho ricevuto, oramai molto tempo fa, questa bellissima mail di Maria Stella Fabbri ed ho pensato di condividerla con voi.
Ottobre 2011
Cara
Cinzia,
ho riletto tutte le tue poesie, ma l’eco che t’invio
si limita al titolo e a quanto ad esso strettamente si lega, dove
particolarmente ha sostato la mia attenzione.
Del resto il da dirsi sull’insieme è stato ampiamente
ed egregiamente detto, per cui …
Quanto ti consegno è spontaneamente nato da un
connubio di pensieri e di realtà che si sono come incrociate, venendo tra loro
a colloquio.
Ho un’agave nel mio terrazzo: la strappai, anni
fa, ad una selvaggia riva marina della
mia selvaggia Maremma. Mi è sempre piaciuta quella sua robustezza orientata al
fiorire, quella sua carnosità capace di rendere ricamo l’impronta delle sue
stesse spine (appuntito vertice solo a difesa), il suo ergersi a mostrare tutta
quella vita selezionata dentro il mistero della terra…
Come fai tu, nell’esergo della tua raccolta, dopo
averlo fatto di fronte allo svelarsi del tuo Evento per darne immediata notizia
al Figlio…pur se da lui ti veniva, e imperiosa, la nuova identità.
Affidata alle pagine, la notizia s’è poi diffusa…
Eppure conserva una sua indicibile unicità, così come unica resta l’esperienza
di quella “radice” che s’insinua “tra le zolle” in cerca d’acqua, per
crescere “come pianta/rampicante” e
avvinghiarsi “alla vita” fino a “fiorire”. Dove il fiorire è, al tempo
stesso, autonomia di processo e restituzione: a saziarti sono infatti i suoi “petali”, del cui prodigio anche la tua “anima grida”, mentre “il grembo
devoto” si fa spazio al plasmarsi in vita dell’amore.
Una vita che, oltre al volto del Figlio, avrà anche
altri volti, com’è naturale che sia per la diffusività dell’amore, ma che,
tuttavia, in lui esprime, per te, più naturalmente che mai, la sua massima celebrazione.
Grazie a te e alla poesia, Maria Stella Fabbri
Nessun commento:
Posta un commento