Cinzia carissima, terminata la
lettura del tuo libro, ho ripercorso una frase di Rainer Maria Rilke cui sono
particolarmente legata: "C'è una sola via. Penetrate in voi stessi.
Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate se essa estenda le sue
radici nel profondo luogo del vostro cuore." Ecco, io credo che tu abbia
felicemente innescato un riuscito processo poetico facendo in modo che le idee
si inscrivano in una struttura coerente, armoniosa, compatta e vibrante, dove
la veglia, nel rimpianto di una perduta condizione edenica, sparge schegge
assolute e pure, e cova epifania. Il condensato verbale, nella ricerca
dell'essenzialità simbolica e di una diretta forza connotativo-definitoria
delle parole, seleziona e ricompone impressioni ed emozioni con puntualità
lessemica improntata a limpidezza e intellegibilità del dettato. I versi sono i
grandi interlocutori che ci aprono alla realtà e alla vita, e contro la
minaccia della morte sembrano ricondurci alla natalità del mondo dentro cui
restiamo avvolti come in un utero materno. Perché alla fine, oltre il margine
di irriducibilità della spazialità caotica che ci circonda, emerge su tutto, a
risarcirci dagli schianti e dalle rotture del negato, l'alchimia di una
salvezza, la rivelazione antica dell'istante, la favola di un viaggio in cui
soggiorna un canto: un canto di bellezza che travolge il buio e lo sormonta.
2 giugno 2014
Monia
Gaita
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