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lunedì 13 settembre 2021

Il senso della poesia nella scrittura di Cinzia Marulli di Marvi del Pozzo

Capita spesso a chi legge tanti libri di poesia, come succede a me, di venire folgorati da qualche testo isolato, da pochi versi illuminanti, in raccolte che nel complesso non lasciano segno indelebile, non scaldano il cuore, non invitano a spazialità, non fanno neppure riflettere più di tanto. Secondo me lì si fa la differenza tra chi scrive poesia e chi è poeta dentro, sempre e comunque, come è il caso di Cinzia Marulli nei cui libri – Percorsi e La casa delle fate – è arduo estrapolare testi, almeno per me, in quanto tutti toccano vette altissime di contenuto e di stile espressivo, tutti sono – direi – irrinunciabili.

Il fatto è che Cinzia è veramente ‘Poeta’. Lo si è perché, per uno stato connaturato alla persona, la poesia diventa il proprio modo di vivere la realtà, di sapere naturalmente trasfigurare le cose, anche banali, anche quotidiane, percependone i risvolti segreti ai più, coglierne le impercettibili voci. Poesia è sapere appropriarsi della vita attraverso i suoi percorsi tormentati, cercare verità e senso ultimo, imparando con l’esperienza e con la prassi, fatta spesso di lacrime e sangue, a discernere l’autentico filo conduttore, la via equilibrata verso la propria libertà al di là di ogni facile omologazione mondana. Tutto in Cinzia avviene con la naturalezza di creatura primigenia, semplicemente, senza artifici: non solo è priva di alcuna presunzione di sé, anzi appare inconsapevole della capacità di riversare intorno a sé tanta grazia e bellezza.

Con queste premesse, è evidente che la sua parola risulti realmente comunicativa di emozioni autentiche, proprio perché è vera l’artefice: senza remore né infingimenti, osa mettersi a nudo per la persona e per l’artista che è, con linearità e con garbo. Allora le parole si animano di luce oltre il preciso significato oggettivo e diventano, per chi le sta vicino come per i lettori, una scatola sonora, un tessuto iridescente (Giovanni Tesio) di suoni interiori affascinanti che trascinano nella loro magia e, nella sintonia con l’Arte, modificano anche nel fruitore il modo di percepire e di sentire il reale.

Ecco perché Cinzia non è per me poeta imprescindibile, quanto il poeta imprescindibile, proprio perché la Poesia non è solo vocazione e destino della sua vita, ma ne informa tutta quanta l’esistenza, giorno dopo giorno: non solo scrive, ma vive poeticamente, e questa è capacità (o dono?) di pochi. Questi ‘grandi’ autori, classici o contemporanei, hanno un effetto psicologico sugli altri di rasserenamento e di pacificazione con se stessi e col mondo. In una parola, si verifica con Cinzia quella catarsi aristotelica che è prerogativa dell’Arte, ma non solo questo: il lettore è stimolato dal suo testo a pensare, riflettere e, addirittura, magari ad andare avanti sulla strada della scrittura. Non è un’utopia. So per certo che con i libri di Cinzia è successo: la parola poetica, come seme, può germogliare: l’Arte non sta ferma, procede, lavora dentro. Da poesia può nascere poesia.  È più che possibile, con Percorsi e La casa delle fate, dal momento che il suo dire poetico, dettato in pari misura da intelletto e da cuore, tocca tutte le problematiche della vita umana. Come nelle nostre esistenze, c’è molto dolore, molta pena. Molta terrestrità, ma anche molto cielo. C’è l’alto che attrae e un umano che non soffoca. In mezzo i piccoli passi del vivere, i percorsi, appunto, che Cinzia attraversa con la scienza del pensiero (Jean Portante).

Anche la morte, per chi ha imparato a vivere, non fa paura: è strettamente collegata alle tappe dell’esistere e alla gioia dell’esserci; può portare a momenti di dolore angoscioso, come per la perdita della madre dopo due anni di casa di riposo (tema del libro La casa delle fate) ma Cinzia, col suo modo di essere e di scrivere, ci esemplifica che ogni umana vicenda può sfumare in delicatezza, senso di pietà per il destino comune, riconciliazione con sé e con gli altri. La vita è disponibilità, è apertura, tenerezza, condivisione. I suoi sono libri che ci insegnano a vivere e, forse, anche a morire.

È naturale che commozione profonda invada mente e cuore del lettore: Cinzia è voce di tutti noi. Ci parla nei termini più alti, cristallini e, con essenzialità, sa arrivare al nucleo delle cose. Ci ritroviamo tutti a piangere sulle nostre sorti umane, ma senza disperazione – questo è importante – piuttosto con disincantata tenerezza, che è molto più della rassegnazione.

Se penso a Cinzia, mi viene da riferirmi – sintetizzando in una sola parola – alla pietas virgiliana. Secondo me è paragone tutt’altro che azzardato. La Poesia non ha tempo umano, né età, né separazione di millenni. Va e viene come vuole e si posa ogni tanto su un’anima eletta.

 

 Marvi del Pozzo

 

Alessandro Fo e "La casa delle fate" di Cinzia Marulli su Lo sguardo di chi legge (Editrice La Scuola)

La casa delle fate (Ed. La vita Felice 2017) sull'antologia scolastica Lo sguardo di chi legge a cura di Alessando Fo e Maria Rosa Tabellini (Editrice La scuola)