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giovedì 22 settembre 2011

Monica Martinelli su Agave di Cinzia Marulli


Sono molteplici gli aspetti che mi hanno colpita in questa opera prima di Cinzia Marulli Ramadori dal titolo così emblematico “Agave”. La sensibilità, l’umanità, l’amore, la disperazione, espressi però sempre in maniera pacata e senza sbavature o picchi d’angoscia; la musicalità dei versi; l’uso sferico di verbi come “S’arancia il mio sguardo..”, “..nel nero cigliare..”, “..mi rotondo nell’ignoto..”.  I colori sono importanti nelle poesie di Cinzia, il bianco delle nuvole, l’azzurro del cielo, il rosso del tramonto, e sembra quasi che gli elementi della natura si antropomorfizzano, assumono sembianza e voce e che la stessa autrice ci si immedesima.  Acqua, aria, terra, si incrociano con sguardi, corpi, suoni e sofferenze in un immenso volteggio ritmico, come nella poesia Orme: “…la sabbia accoglie i miei piedi scalzi/ le orme del mio santo camminare/ si perdono tra le acque del mare”. Sabbia, acqua e piedi si saldano così in un abbraccio osmotico a percorrere croci e delizie della vita (e di cui fa necessariamente parte la morte).  Si percepiscono nei suoi versi echi dell’antica poesia cinese T’ang.  La modulazione melodica, dal punto di vista stilistico, la chiarezza e l’immediatezza del dettato poetico: “A sud del fiume Azzurro nasce l’arancio vermiglio/quando è inverno è come un bosco verde/Forse perché di quella terra l’aria è dolce?...” (Chahg Chiu-ling, Risonanza); “..La nuvola passa a immagine del tuo peregrinare,/col sole del tramonto viene il pensiero dell’amico caro…” (Li Po, Accompagnando un amico).
Quello che più mi ha catturata leggendo questo libro è stata la forte sensazione di movimento ricevuta, il fluire - a ritmo equoreo - dell’acqua che non è ferma ma scorre, proprio come la vita, o come l’inchiostro che “straripa” nel suo “fluire nero e tumultuoso”. L’autrice  pare in procinto di uno scatto, di una trasformazione, di un andare oltre, magari sul bordo del declivio: “..il mio fluire è verso l’orizzonte..”  “…Il piede mio sconfina nel vuoto…e in un tuffo mi rotondo nell’ignoto”.
Questo è un libro interamente dedicato, spassionatamente e incondizionatamente, da lei che è figlia e madre insieme, a suo figlio, al suo compagno, a suo padre, sua madre, alle amiche, eccetera, come se volesse annullare sé stessa in un altro da sé. Come se ciò riflettesse un bisogno di accudimento da parte dell’autrice, di darsi prodigalmente anche in funzione poetica, di accrescere e coccolare gli altri, minimizzando il proprio io e rendendolo più umile. Ecco, trovo che questo sia bellissimo, in quanto generoso e sincero, è la costruzione attiva di una realtà costellata da affetti ricreata e idealizzata nei suoi versi.  E non è un caso che tra le poesie più intense ed emotivamente significative ce ne siano un paio che descrivono l’autrice e la “sua tumultuosa” lotta contro la ragione: Inchiostro (“Straripa l’inchiostro/dagli argini della mia anima/ è un fluire nero e tumultuoso/sul bianco foglio della ragione”) e Bulimica nebbia (“Nella mente/ non c’è più ragione/tutto diventa nebbia/anche il dolore..)”; in quest’ultima Cinzia si punisce insieme alla sua anima ingoiando sé stessa, eliminandosi o quanto meno mettendosi a margine, mentre in primo piano ci sono sempre coloro che ama, coloro che fanno parte della sua vita e che animano la sua poesia (proprio come il cielo e il mare). Stanno dunque negli affetti le radici della sua vocazione  poetica? Quindi poesia come gesto d’amore, atto dedicatorio, punto d’incontro con il prossimo. Perciò ritengo che Cinzia Marulli sia andata ben oltre il senso della scrittura poetica come scrittura autoreferenziale perché, con la sua coerenza etica, ha compreso che tutto ciò che scriviamo è rivolto a qualcuno o qualcosa, reale o astratto che sia.
     

                                                  Monica Martinelli

venerdì 2 settembre 2011

Anita Napolitano su Agave di Cinzia Marulli Ramadori


Vi sono incontri curiosi. Qualcuno ci sfiora e qualcun’ altro ci colpisce. Molti non ci mutano e pochi ci trasformano
                                                                                                                       NINO SALVALESCHI
                                                        

Ho letto più volte Agave e, anche se fin dalle prime letture mi ha conquistata, ho tuttavia avuto bisogno di tempo per poter fare le mie considerazioni.
Inizialmente avevo una sorta di blocco che non mi permetteva di mettere inchiostro su carta: Agave mi appartiene al punto che non  sapevo dove e come iniziare, pur volendo scrivere molte cose. Autorevoli penne quali: Perilli, Calandrone ecc... hanno scritto sul libro dando così all’unanimità la loro approvazione, ma ciò non mi ha sorpreso affatto perchè ancor prima della pubblicazione ero della convinzione che Agave avesse una sua profonda motivazione, una sua profonda radice.
Il libro è suddiviso in sezioni e il comune denominatore che traina tutta la raccolta è l’amore, ed è anche “ le fil rouge” che lega i testi alle varie sezioni “radice, fiore  amnios, aere, amore”.
La  passione per questo benevolo sentimento /per l’oltre è così intensa che si accosta quasi ad una sorta di misticismo religioso e di  sacralità divina. Per la poetessa la morte non è l’approdo definitivo, ma l’ inizio di un nuovo viaggio verso l’altrove come nei versi che recitano: “il mio fluire è verso l’orizzonte/tra le freschezze azzurre/degli ariosi pensieri./                                        
Il titolo a grandi caratteri giustapposto in alto al centro è indizio indicativo al fine di individuare i tratti distintivi del carattere della poetessa, in quanto rappresenta la pianta con la quale l’autrice si identifica metaforicamente. Ogni fiore porta con sè un messaggio codificato: l’agave fiorisce un'unica volta, cresce e si espande nella sua totalità prima della morte; il suo amore è talmente grande che arriva a distruggersi. La crescita del fiore dell’agave nella sua svettanza verticale per la Ramadori ha un significato profondo, trascendente, di comunicazione tra il divino e il terreno così come nel famoso dipinto di Raffaello “la scuola di Atene” (Stanza della Signatura- Musei Vaticani) nel quale Platone indica il cielo e  Aristotele la terra.
Nella simbologia dei fiori si regala la pianta dell’agave perchè il fusto rigido e imponente rappresenta la sicurezza, quella sicurezza che infonde la poetessa concedendosi nella totalità. Nella dedica iniziale il trasporto incondizionato per il prossimo, sicuro, fermo fino al termine estremo, mai egoistico è ben tratteggiato:   “Figlio/ io sono Agave/nel tuo fiore/ svetta/ il mio amore”.
La  complessa pianta  è composta anche  da  aculei  che simboleggiano il dolore, l’ afflizione  come si può leggere in special modo nelle dediche rivolte alla madre: “...avvolta dalle sbarre/legata ad una flebo/...  il mio passo/ vigliacco e spaventato/ correva come folle/ tra labirinti di paura” ; ma nonostante ciò  il sentimento più alto, quello che pervade  tutta la raccolta in ogni caso è l’ amore, ripeto, è il leit motiv che lega le cinque sezioni. I testi  delle varie parti si susseguono tratteggiando così una spiccata sensibilità e in tutto l'insieme traspare l’autenticità del sentimento.. Attraverso bozzetti di vita quotidiana, come li definisce M.G. Calandrone, l’autrice ha esplicitato se stessa, le sue paure, i suoi tentennamenti. La Ramadori pur mostrando la doppia faccia della stessa  medaglia è il poeta cantore dei buoni sentimenti e l’unica punizione che infligge è a se stessa:  questa lirica è di una drammaticità disarmante “la mia bocca/si trasforma/ è strumento di pena/ più ingoio e più espio/.../punisco la mia anima/ e ingoio me stessa”.

Sempre in una lirica dedicata al figlio, Di catene avvinta,  leggiamo “la tua  strada prosegue tra i sentieri del domani/ il mio traguardo è nel vederti andare: tali versi esprimono il senso assoluto dell’amore quale esso debba essere ovvero privo di possessività e di egoismo, infatti sono la testimonianza del fatto che la vita che genera vita non deve arrogarsi il diritto di appropriarsene,  sicchè non si può essere di catene avvinti.
Dunque nel libro la passione, l'affetto e il trasporto per l'altro è cantato in ogni forma: per il figlio, per i genitori, per gli amici come testimonia anche la dedica a Nina Maroccolo di sublime bellezza (nel nero cigliare/del tuo sguardo/si affannano i tormenti).  

Un’intera sezione è dedicata all’Amnios: la tematica dell’acqua, intesa come siero di vita, è ricorrente, ed il mare come l’acqua assurgono a funzione salvifica, ne è un esempio la poesia “Acqua”dedicata al suo uomo (“tu sei acqua/amore mio/nella quale  leggera io nuoto”).
Il lessico si avvale della limpidezza dello stile, e in alcune poesie si articola su elementi della natura come nella poesia Maestrale: “nel bianco increspare/ delle onde/ si perde il mio pensiero/; oppure nella poesia Orme:  “le orme del mio santo camminare/ si perdono tra le acque del mare”. Il linguaggio della raccolta non è metafisico, ricco di orpelli ma bensì  immediato e armonico; vuole essere semplice e penetrare l’essenza di cose e persone, infatti non abbiamo a che fare con il poeta ermetico visionario, con il poeta dell’indicibile, il suo è un lirismo diretto, morbido e al contempo incisivo .
Come ho già detto in precedenza, ho voluto prendermi una pausa di riflessione prima di scrivere le mie considerazioni in quanto era mia volontà dare a questo libro di poesie il degno tributo, poiché è del ciclo della vita che parla. L’instancabile lavorio dell’ autrice, il sacrificio, il  porgersi all’altro, il non avere remore nel mostrare la propria nudità merita  il dovuto riguardo.
Ho voluto esprimere le mie  impressioni, senza farmi contaminare e ho cercato di prendere la giusta distanza,  così come avviene in Psicoterapia teatrale: quella  distanza estetica che mi ha permesso di vedere “Agave|” senza farmi travolgere dai sentimenti che mi legano alla scrittrice .
L’emozione  più grande è stata quella di averlo visto germogliare giorno dopo giorno, settimana dopo settimana nei nostri sacri laboratori poetici a cura del maestro Plinio Perilli, veri e propri rituali svolti in contesti  fuori dal quotidiano, dove ogni singolo componente si spogliava degli automatismi e a turno dava libero sfogo alla sua vena artistica. Ricordo il giorno in cui  la Ramadori, in occasione del lavoro di gruppo fatto sulle opere di Giacomo Manzù, lesse la poesia Maternità, rimanemmo tutti in silenzio: “Si scheggia nel nero l’ amore materno/la forza compare sotto il manto di luce/fierezza di donna  fierezza di pace/...  tali incisivi versi fecero riflettere intensamente sulla profondità della sua poetica. .
Questa è l’opera prima della Ramadori, ma ciò non deve trarre in inganno in quanto, come lei stessa sostiene in una intervista fatta dall’ associazione “Occhi di Argo”, è  sin da bambina che alimenta questa passione: la scrittrice fa della poesia  una pratica quotidiana. Le sue conoscenze le hanno permesso  non solo di scrivere poesie in versi sciolti, ma anche in metrica.
La tecnica ha la sua preponderante valenza e a tal proposito vorrei riportare le parole esclamate da  Elio Pecora in uno dei suoi convegni. Il maestro asseriva: l’esplicitazione del sentimento autentico  e la tecnica viaggiano di pari passo, ed è proprio questo quello che avviene nella silloge della nostra autrice, a testimonianza di ciò anche una poesia in quartine in endecasillabi a me dedicata che recita: ”amica mia poetessa del pensiero/il tuo sogno hai infine realizzato/quell’intimo trionfo ha conquistato/l’ animo vagabondo tuo sparviero.
Tra me e la poetessa c’è un feeling particolare, le affinità  che hanno reso saldo il nostro legame nascono proprio dal trasporto per l'arte del poetare: questa passione non solo apre nuovi orizzonti, affratella, sensibilizza, rende vulnerabili. Scrivere poesia è l’espressione massima dell’umano sentimento,  è pura conoscenza dell’altro, il poeta con i suoi versi svela-rivela, estrinseca il suo mondo interiore. Cinzia  Marulli come lei stessa sostiene è sorella nel sentimento, è l’amica leale  sempre pronta a porgerti la mano, la sua poesia è stata la compagna dei miei giorni più bui, la risposta ai miei dubbi tormentanti e a lei ho  dedicato questi versi:

A te sole raggiante

Anno del Signore seimarzoduemiladieci
buon compleanno

A te sole raggiante
che delle terre algide scaldi il cuore

A te che asciughi il pianto singultante
del poeta e del pensatore affranto

A te che senza artifizio alcuno
sai con maestria comporre
con arpe sbrindellate
salmodianti melodie

A te che dell' amore
hai fatto il tuo stendardo
e ingentilisci il cuore dei ribelli

A te che strappi senza indugio
le vesti alla finzione
e sferri con audacia
colpi mortali all' ipocrisia.

A te che porgi il tuo orecchio
a chicchessia senza inarcar le ciglia
e la maldicenza scacci via

A te che di rosso pompeiano
hai dipinto il libro della vita

A te che sei il ristoro
degli inverni più pungenti
e le tue braccia il nido,
dedico queste parole - a te
amica mia, che sai come fare
a consolare il più maledetto dei poeti.

qQqqIn tutto il resto, a chiare note, si percepisce il senso della vita, quel senso che la poetessa ha voluto dare alla sua vita conservando così alti i valori, ed io da questi sentimenti sono rimasta profondamente colpita; la Ramadori abbraccia il mondo e si dona completamente, non ama mettersi in mostra, le piace operare dietro le quinte e fa della poesia lo strumento di diffusione dell’amore. In un mondo in cui  vige la lotta al potere, nel quale non si vive più hic et nunc e l’ingranaggio del meccanismo quotidiano inghiotte, l’ autrice ci traghetta  in una dimensione altra restituendoci così  il senso dell’esistenza: nel vuoto ideologico che attanaglia la nostra epoca il suo é un prezioso messaggio di solidarietà rivolto  a tutti  senza discriminazioni.
Agave è un libro importante in quanto la poetessa ha  analizzato le fasi cicliche della vita, quelle fasi che in antropologia sociale vengono definite riti di passaggio quali: la nascita, l’iniziazione,la separazione, la morte e l’oltre.
E dopo la lettura della poesia Ventre “ radice ti insinuasti/ tra le zolle incolte/succhiasti acqua/dalla profondità nascoste” e prendendo spunto dalla bellissima lirica di Marzia Spinelli (1) dedicata proprio alla Marulli oso paragonare l’autrice  a Demetra (Cerere nella religione romana), divinità della terra e della fertilità, il cui nome deriva dalla radice indoeuropea ker che significa
colei che ha il principio in sè della crescita: ed è proprio in queste caratteristiche che si rispecchia la natura della Ramadori.

Prevale la società multimediale e l'informatica, i sistemi audiovisivi e i mezzi di comunicazione di massa sono in continua ascesa,  parlare di letteratura dei giorni nostri sembrerebbe ormai quasi parlare di qualcosa di logoro, inattuale, ma in realtà non è così, anche se i  contesti epocali mutano e i metodi  tecnologici hanno preso il sopravvento la parola scritta rimane e continua ad emozionare. I poeti, i letterati dell'inizio del terzo millennio senza bendarsi gli occhi  devono fare  i conti con la realtà vigente e il loro compito é fare da ponte tra il vecchio e il nuovo. Senza rinnegare le antiche tradizioni è necessario dare spazio ai nuovi sperimentalismi affinché si possa dar vita a nuove forme di arte e la nostra autrice  è proprio questo che si è ripromessa di fare tramite il suo impegno che la vede coinvolta in attività sinestetiche con la videoarte, l’audiopoesia e le arti figurative.



                                                                                                                      Anita Napolitano



(1)Per leggere la poesia Per Cinzia di Marzia Spinelli http://www.lietocolle.info/it/m_spinelli_per_marulli.html