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venerdì 15 marzo 2013

Beatrice Cenci - Monologo teatrale di Anita Napolitano

Il monologo di Beatrice Cenci scritto con incredibile intensità da Anita Napolitano non vuole essere l’ennesima rappresentazione storica di un mito che dura ormai da oltre trecento anni , non ha il solo  intento di rievocare una storia vera, triste e tragica legata al nostro passato e alla nostra storia. E’ invece una denuncia odierna ed attualissima della sin troppo diffusa violenza che da sempre, e ancora oggi, si può nascondere dietro le apparenze perbeniste delle mura domestiche.
Non c’è tempo dunque in questa storia. C’è invece un’analisi raffinata e spietata della società e della natura umana. Perché la violenza perpetrata all’interno della “casa”  è quanto di più subdolo e pericoloso possa esserci : mina le basi stesse dell’esistenza, capovolge l’orientamento, annienta l’”io”;
Lo sguardo però, si estende anche al di fuori, oltre le mura domestiche, che possono celare, è vero, ma fino ad un certo punto. Perché i segnali verso l’esterno debbono pur esserci, ma non sono percepiti: la società, “l’altro” è troppo cieco per vedere e se anche vede, a volte, aimè, diventa quasi compiacente perché preso dal gusto perverso del “male”.
La condanna del perbenismo borghese e dell’ipocrisia ecclesiastica è fortissima in questo testo: “... nel mondo cristiano non importa che un padre faccia una vita dissoluta, o che usi violenza contro i propri congiunti, o vada a bordelli e sgualdrinelle, è importante per il Papa dare una pena esemplare a chi è accusato di parricidio.” Poche parole messe in bocca a Beatrice Cenci, poche ma dirette e chiarissime parole per esprimere tutto l’esprimibile, per condannare senza ricorrere ad artifizi, ma con la semplice e ovvia esposizione dei fatti.
In questo monologo è l’autrice stessa ad alzare il coltello verso il padre, è la rabbia di Anita-Beatrice verso tutto il brutto della natura umana, verso la sopraffazione dei più deboli,  verso gli innocenti. Ed è Anita-Beatrice che proprio in apertura ci espone , ci rivela la perdita maggiore che porta l’oscurità dell’animo umano: “no, no, il mio desiderio più grande era quello di sposarmi, quello di avere dei figli e di educarli...”; l’importanza delle cose semplici e belle della vita, a volte troppo erroneamente date per scontate e che,  invece,  per molti sono conquiste quotidiane.
Anita-Beatrice lo dice con chiarezza: il male è in ognuno di noi, ma sta ad ognuno di noi scegliere il bene. E’ questo secondo me il messaggio più importante che l’autrice ci trasmette; perché tutto il monologo è sì una denuncia, ma anche e soprattutto una lezione sulla capacità di scelta che ha ogni essere umano. La capacità di scegliere tra il bene, che porta all’amore e alla felicità, e il male che ha come conseguenza inevitabile il dolore.
                                                                                       Cinzia Marulli Ramadori

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