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giovedì 29 marzo 2012

Fortuna Della Porta su Agave di Cinzia Marulli Ramadori

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Poesia femminile questa di Cinzia Marulli, non solo perché espressione di autoascolto, ma proprio canto della maternità, che rappresenta la realizzazione più piena del suo esistere, pari alla forza generatrice dell’intera natura, che si mostra pertanto come la Grande Dea Madre che contiene il tutto.
Del fervore della germinazione universale lei è parte integrante e in esso, congiuntamente, è chiamata a condurre il Tempo avanti.
Appaiono altre madri, come la sua che è da anni malata –i tuoi occhi mi hanno inseguita/ in essi solitudine/ cantava a squarciagola- e quella sfigurata di Peppino Impastato. Tornano e ritornano termini come grembo, materno, maternità, imperitura maternità, lattei seni, amnios…
L’autrice sente l’orgoglio e la nobiltà del dono ricevuto –fierezza di donna fierezza di pace/ che stringe e protegge-.
Il femminile di Cinzia ha connotati ancestrali. Si tinge del colore del sangue, scova il senso del dovere da compiere, l’abitudine ad accudire senza tentennamenti, perché il dato dell’offerta di sé è scritto nel profondo. Tra queste mura incatenate/ m’incateno alla mia coscienza/ a quel senso del dovere/ che s’avvinghia come l’edera.
La sollecitudine verso gli altri e la cura di coloro che dipendono da lei sono i lineamenti della sua anima e della sua poesia. La generosità, che è un aspetto precipuo della sua vita, passa diritto nella poesia e si evince pure dai tanti omaggi poetici offerti a chi stima o la circonda.
Si rivolge al prefatore della silloge col titolo di Maestro, qualifica che, se pure meritata, indica ancora un altro sentimento perso: quello dell’umiltà e del riconoscimento disinteressato dei meriti altrui.
Spesso la poesia delle donne dettaglia angosce esistenziali, forme di relativismo riguardanti non solo le idee eterne e filosofiche, ma persino i rapporti umani. Mi è piaciuto allora definire la limpidezza di Cinzia, la sua stoica meditazione all’orlo di tanti baratri, come poesia d’amore, inteso nel senso più alto o poesia pacificata.
Non è poesia ingenua, tuttavia. La Marulli porta le stesse stigmate che la vita scrive sulla pelle di tutti, ma nei suoi versi si respira un’aria di conciliazione.
Non di tipo mistico, quale troviamo nei Fioretti, ma l’ottimismo del cuore, la speranza, che rivive col rinascere del giorno, a dispetto del pessimismo indotto dagli accadimenti. Difatti scopriamo altri lemmi e locuzioni ricorrenti, come quando scrive: i colori della speranza, il cuore si spalanca/ ed abbraccia la vita.
Ma sollievo principale è offerto dal figlio che riesce a medicare ogni inquietudine e ogni escoriazione.
Ed ecco/ figlio mio/ spalancarsi all’improvviso/ una finestra aperta sul tuo sorriso.
Anche la natura ha funzione consolatrice, come il mare, per esempio, nella sezione Amnios, che torna nelle sue caleidoscopiche tinte a seconda dell’ora. E anche qui mare, mareggia, marea, onda, sabbia…, servono a descrivere il percorso dei suoi occhi e del suo alleggerimento.
Insomma, è un libro inscritto degli elementi primordiali -aria acqua terra fuoco- che compongono l’antica cosmogonia e quella della Marulli: un respiro unico e universale che conduce le creature, vegetali compresi, ciascuno col proprio carico d’inchiostro che imbratta le pagine della vita.

Fortuna Della Porta

giovedì 22 marzo 2012

Rita Pacilio su TempoMassimo di Massimo Pacetti (Le gemme - Ed. Progetto Cultura)


La silloge poetica Tempo Massimo di Massimo Pacetti è un percorso poetico che si muove lungo una dimensione individuale ricercando, attraverso la decifrazione del ‘tempo’, la verità vissuta ed immaginata del confine tra la realtà e il possibile. ‘La rifrazione del verso a volte diviene paura d'inganno e la si rifratta in un tempo particolare, in una scheggia, si usa il simbolo per alzare e rendere perenne una entità che sfocia nel pensiero comune’. E’ il ‘tu’ che diventa, infatti, il tempo letterario, la strada non percorsa o forse quella del ricordo e che resta sempre nitida nella mente come ‘il viaggio più lungo’. Pacetti ci porta in luoghi intimi e universali, come sentieri tracciati, dove i tormenti si quietano; i versi vengono sussurrati, ma non nascondono i pensieri del mondo. A volte la parola poetica gioca con la filosofia di vita e il senso cosciente diviene aspetto quasi inconsulto e forza assoluta di associazioni liberatorie, creative. Questa è la emancipazione della poesia che non è mero esercizio concettuale, ma che si lascia andare a funzioni di libertà delle parole non rientrando esclusivamente in schemi di forme retoriche accademiche. Il tempo regna sovrano nell’opera e in effetti esiste come pensiero che coordina la logica e la scienza. Nulla sfugge al dominio della durata del cosmo come momento e luogo di bisogno in cui ordinare il mondo fisico e metafisico rendendo gli istanti umani meno fuggitivi e sempre più folgorati da un presente che azzera ogni fatalità enigmatica e finita. ‘… In effetti, possiamo interpretare la seconda topica di Freud, e tutto un aspetto del suo pensiero, nel modo seguente: la nostra vita ha due poli di cui uno (das Ich) certamente è quello che punta alla fusione degli orizzonti, alla monocromia. La Logica e la supposizione di una Realtà comune sono le stanze principali di questa fusione omologante, universalizzante. Nella logica, ancora più che nell'inconscio non esiste il tempo, la logica tratta della verità in tutti i mondi possibili, e in tutti i tempi possibili. (Per questa ragione Lacan ha potuto affermare che l'inconscio freudiano, proprio perché atemporale, ha una struttura fondamentalmente logica). Ciò che chiamiamo realtà fa eco all'appello per un fondo comune, all'istanza di un tempo assoluto che farebbe orbitare attorno a sé tutti i tempi particolari. L'universalità fusionale del razionalisrno, automatizzando la vita, annulla il tempo. La prova di una realtà comune e universale diventa la macchina, l'automatismo. La macchina è l'ideale atemporale .non solo del razionalismo ma anche di alcuni soggetti, in particolare del soggetti ossessivi … ’ (Sergio Benvenuto) La psicanalisi, quindi, ha sottolineato che il tempo rappresenta spostamenti o metafore al fine di arrivare all’oggetto desiderato per agirlo, per definirlo e concettualizzarlo nell’Io profondo che sogna, medita e partorisce idee. Un tempo Massimo come ‘forza, energia vitale per attraversare e non per eludere il silenzio e la morte’ (Yves Bonnefoy).

Rita Pacilio