Claudio Damiani - foto di Dino Ignani |
Parlare
della poesia di Claudio Damiani è parlare di qualcosa che non ha confini, né
geografici né temporali. In essa si ritrova tutta l’essenza del passato in una
voce universale che non può essere relegata alla tradizione culturale e
spirituale di un’unica civiltà, ma che scava invece nelle profondità della
natura umana nella sua interezza.
La
poesia di Claudio, per sua natura, è dunque portata a trovare affinità con la
poesia di altri tempi e luoghi proprio
in virtù della sua universalità, propria tra l’altro, della vera e grande
poesia.
Claudio
è lontano anni luce da essere poeta artefatto, la sua è una ricerca molto più
profonda, vera, più vicina all’essenza. Non mi ha meravigliato dunque, leggere
nella prefazione di Marco Lodoli al libro “Poesie” edito da Fazi le seguenti
parole: Claudio leggeva Pascoli, Orazio e
Caproni, sdegnava ogni moda letteraria, cercando una lingua che potesse parlare
di ogni cosa senza mai tradire il vero.
Prendiamo
ad esempio una radicatissima tradizione orientale e in particolare cinese che
imponeva agli aspiranti artisti, prima di potersi esprimete autonomamente, di
copiare e ricopiare i grandi maestri del passato affinché assorbissero la loro
arte, la loro spiritualità, la loro essenza facendola così tornare a vivere
nelle nuove opere.
Anche
Borges, nel corso di alcune lezioni che tenne alla Columbia University e che
sono state trascritte per intero e pubblicate ne “L’invenzione della parola”
(Mondadori) richiama, seppur diversamente, questo concetto: Borges ci dice
infatti che citare o addirittura usare per un proprio scritto un verso di un
grande poeta non vuol dire copiarlo, perché, se ciò ci viene naturale,
significa che quel verso è entrato talmente tanto dentro di noi da diventare
nostro. Abbiamo in definitiva assorbito l’essenza del nostro grande maestro che
quindi rivive in noi.
Ecco,
tutto questo “essere” e “rinascere” è forte nella poesia di Claudio Damiani, il
suo richiamo ai classici e in particolare ad Orazio trova affinità e
parallelismi anche nella poesia cinese di epoca t’ang che ha infatti molti
accenni oraziani con l’invito al “carpe diem”, come scrive Riccardo Bertuccioli
nella sua “Storia della letteratura cinese” edita da Sansoni.
Ma
forte e profonda è anche l’affinità con il pensiero taoista, anch’esso presente
nella poesia cinese di epoca t’ang ed in particolare in Li Po (701-762). Il
taoismo infatti esalta la spontaneità e la naturalezza; per esso il Tao, ovvero
il principio supremo, la legge universale, esiste in tutte le cose e tutte le
cose esistono nel Tao; fino a che le cose avvengono naturalmente tutto è armonico,
la vita è vissuta bene solo quando l’uomo è in completa armonia con l’universo
e il bene non è compiuto dall’azione spinta dal desiderio, ma dalla “inazione”,
“wu-wei”, che è ispirata alla semplicità, a lasciare che le cose seguano le
leggi universali della natura.
Riprendo
dunque alcune parole della prefazione di Marco Lodoli che mi hanno molto
colpito in tal senso. Lodoli racconta di quando lui, Claudio Damiani e altri
amici artisti e poeti avevano affittato un locale per aprire una galleria
d’arte nel rione Monti di Roma e dice testualmente: Ricordo una discussione su come organizzare lo spazio che avevamo
affittato.... Damiani parlava invece di uno spazio concavo, bianco, puro che
accogliendo il mondo intero gli desse una forma chiara. Non bisognava fare
niente, solo imbiancare e aspettare che tutto lentamente si definisse:
Ecco
quindi che ritroviamo in pieno, in modo assolutamente spontaneo, nel
comportamento, nel pensiero di Claudio Damiani questo desiderio di abbandonarsi
alle leggi naturali dell’universo, al suo armonico divenire. E questo pensiero
che è coerente con la vita del poeta è inevitabilmente, anzi direi naturalmente
coerente nella sua poesia nella quale si
respira un profondo senso di armonia, dove il divenire del mondo e
dell’esistenza dell’uomo è cantato con la stessa semplicità e naturalezza tanto
invocata dai taoisti, dove l’amore per la natura e lo stupore di fronte alla
bellezza dell’universo è sincero e puro come quello di un bambino.
Come
meravigliarsi allora del grande amore nato tra Claudio Damiani e la poesia cinese T’ang che lui ha conosciuto
da ventenne nell’ottima traduzione di Benedikter (300 poesie t’ang), ed in
particolare dalla figura e dalla poesia di Li Po, il poeta taoista per
eccellenza?
Attenzione,
non si tratta di influssi, ma di parallelismi , di comunione di essenze.
Claudio
ha, molto probabilmente, letto le poesie di Li Po, ma non si è limitato a
capirle, bensì le ha “sentite” perché in
lui era insita la stessa universale ricerca di armonica semplicità.
E
tanto è stato felice nel ritrovare tale assonanza che ha sentito il bisogno di
scrivere e dedicare una sua intera opera a Li Po, intitolata “Sognando Li Po”
richiamando non solo il titolo di una famosissima poesia di Tu Fu,
contemporaneo e amico di Li Po, ma anche esprimendo così il sentimento che ha
provato quando è entrato in contatto con la poesia cinese. Mi sembra importante
al riguardo citare proprio ciò che ha scritto lo stesso Claudio Damiani nella
premessa a Li Po: “Ho amato la poesia cinese come qualcosa che mi spingeva oltre il mio
tempo, in un futuro antico che m’appariva come un sogno...”
Non
mi resta che ringraziare Claudio Damiani per il dono dei suoi versi.
Cinzia Marulli
da Sognando Li Po
L'addio
dove
c'erano quattro baracche
scesero
dal carro. Cadeva ancora la neve
dal
cielo, e dai rami di un grosso pino
sopra
le loro teste.
Il
carrettiere slegò i cavalli. I due poeti e il seguito
presero
stanza nella locanda affumicata.
Tutta
la notte Li Po e Tu Fu alzarono le coppe;
gli
ufficiali del seguito s'erano presto addormentati,
ma
loro ancora amabilmente conversavano.
Tu
Fu parlò della sua casa natale,
dell'infanzia
felice nella natura, dei giochi,
Li
Po parlò della capitale,
di
feste e danze, dei giorni fugaci della giovinezza.
Ed
ecco si fece bianca la finestra dell'alba,
una
luce scialba, un biancore irreale penetrò nella stanza.
Parlarono
ancora dei loro morti,
parenti
e amici che avevano dovuto abbandonare.
Tu
Fu stette ancora seduto per un po', poi anche lui si alzò,
stettero
in piedi per molto tempo in silenzio,
mentre
tutti dormivano, nel silenzio della locanda.
La
neve fuori aveva smesso di cadere
e
il vento si era quietato.
Li
Po prese la bisaccia e s'incamminò
sulla
strada bianca.
Da Il fico sulla fortezza
Il
fico sulla fortezza
perchè
quando faranno i restauri
sarà
certamente tagliato.
Però
sta tranquillo sotto la luce del sole
distendendo
il suo ampio mantello
disuguale,
incurante dell’estetica,
se
ne frega di stare così in alto
non
soffre di vertigini
si
lascia accarezzare
dalla
luce e dalle brezze tiepide
sente
la nebbia, sente gli uccelli
che
parlottano tra i suoi rami.
Claudio
Damiani è nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Roma dall'infanzia.
Ha
pubblicato le raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa (Pegaso,
1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi
(Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco
(Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani
Landi, Premio Unione Lettori), Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici
Pea, Premio Volterra Ultima Frontiera, Premio Borgo di Alberona, Premio Alpi
Apuane), Il fico sulla fortezza (Fazi,
2012, Premio Arenzano, Premio Camaiore, Premio Brancati, finalista
vincitore Premio Dessì, Premio Elena Violani Landi), Ode al monte Soratte, con
nove disegni di Giuseppe Salvatori (Fuorilinea 2015), Cieli celesti (Fazi,
2016).
Nel
2010 è uscita un'antologia di poesie curata da Marco Lodoli e comprendente
testi scritti dal 1984 al 2010 (Poesie,
Fazi, Premio Prata La Poesia in Italia, Premio Laurentum).
Ha
pubblicato di teatro: Il Rapimento di Proserpina (Prato Pagano, nn. 4-5, Il
Melograno, 1987) e Ninfale (Lepisma, 2013). Ha curato i volumi: Almanacco di
Primavera. Arte e poesia (L'Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con
interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di
Trilussa (Mondadori, 2000). E' stato
tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati
tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente spagnolo, inglese, serbo,
sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e
straniere.
Nel
2016 è uscito il saggio La difficile facilità. Appunti per un laboratorio di
poesia, Lantana Editore; Di recente pubblicazione (gennaio 2017) il saggio
L'era nuova. Pascoli e i poeti di oggi, a cura di Andrea Gareffi e Claudio
Damiani, (LiberAria Edizioni).
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