Come curatrice della collana nella quale Marzia Spinelli ha pubblicato la sua ultima raccolta poetica Nelle tue stanze, mi sono detta che probabilmente non sarebbe stato deontologico scrivere e divulgare una nota di lettura della sua raccolta; ma in me non c’è nessun doppio fine, nessun scopo pubblicitario se non l’esigenza vera di esprimere attraverso questo scritto il mio grande apprezzamento per la sua opera.
Considerato che la poesia non è mai del poeta che la scrive, ma diviene un dono all'umanità, la mia è una gratitudine sincera che nasce dall'anima – come, del resto, è necessario che nasca la gratitudine - nei confronti di questa poetessa così minimale e riservata eppure così grande nella sua poesia.
Cinzia Marulli
Nelle tue stanze di Marzia Spinelli edito dalla casa
editrice Progetto Cultura nella collezione di quaderni di poesia Le gemme - da
me curata - segue di tre anni la prima raccolta poetica Fare e disfare della
Spinelli; si distingue da quest’ultima per la tematica mentre se ne avvicina per lo stile conciso e
personalissimo dell’autrice.
E’ dunque il naturale seguito di una voce poetica che si sta
sempre più inserendo come voce importante e significativa della poesia
contemporanea.
Con Nelle tue stanze
la Spinelli ci fa un dono particolare: una raccolta poetica tutta incentrata
sulla memoria della madre. Una rarità da un punto di vista letterario
considerato che il tema della madre è stato ampiamente trattato nel passato in
letteratura, ma quasi esclusivamente da autori uomini con, ovviamente, la
prospettiva maschile del ruolo materno; ricordiamo, solo per citare qualche
autore: Umberto Saba con Preghiera alla madre, Giuseppe Ungaretti con La madre,
Salvatore Quasimodo con Lettera alla
madre, Eugenio Montale con A mia madre, Giorgio Caproni con Preghiera, Pier
Paolo Pasolini con la sua famosissima Supplica alla madre, da ultimissimo Elio
Pecora con il suo poemetto Nel tempo della madre; in tutti questi versi la
madre è sì una figura reale, concreta (a differenza di quello che invece
succedeva nella classicità dove la madre era una figura esemplata su un modello
universale), ma pur sempre ritenuta un essere perfetto, sublimato. Unica
eccezione è Elio Pecora con il suo poemetto Nel tempo della madre, dove
troviamo l’umanissima madre Elena; in campo femminile mi viene in mente la
madre Isuzza della Morante, ma anche qui si tratta di un personaggio di un
romanzo (La Storia) e non della madre dell’autrice.
La Spinelli invece dedica questa raccolta a Lina, la madre
persa da poco tempo, ne fa una descrizione emozionale ricorrendo alla memoria.
Profondamente significativo è il titolo stesso dell’opera:
la stanza come ha ben detto Sabino Caronia in una nota critica all’opera della
Spinelli ci ricorda Giovanni Cristini e la sua epigrafe borgesiana messa a
premessa del poemetto che s’intitola proprio La stanza: tutta la storia
dell’umanità può essere scritta sulle pareti bianche di una stanza.
Quindi il titolo ci conduce attraverso un luogo del ricordo;
è Marzia stessa che ci apre la porta della sua memoria per farci entrare in
luoghi intrisi di storia; ma qui non troviamo solo la madre Lina, c’è anche
quello che Lina ha lasciato, c’è sua figlia, le sue nipoti.
La storia di una famiglia diviene la storia di tutte le
famiglie perché non ci sono archetipi, figure ideali o idealizzate. C’è la
vita, la concretezza del reale e la trasmissione del sentimento della perdita.
La figura della madre vista dagli occhi della figlia, che è madre a sua volta,
perde quella freddezza dello stereotipo e diviene carne, passione, amore.
La madre di “Negozio di pietre” è l’identificazione della
propria madre nella figura di un’altra madre incontrata per caso: ed è una
figura umanissima; basti leggere i versi ha
capelli come i tuoi questa invisibile piccola statua.
Ma in questa poesia si ravvisa anche una sorta di finalità
dell’autrice, un messaggio che invia a tutti coloro che hanno ancora a che fare
con i propri genitori, vecchi malati, a volte difficilmente trattabili nella
quotidianità della vita. Ci lancia questo messaggio proprio mettendo in
evidenza l’indifferenza della figlia nei confronti della madre e dicendo: alla figlia padrona che annuncia i
saldi/volevo dare un segnale,/ma solo per me la coincidenza, la pena, le pietre
da sgranare/.
Si può dire che in questo libro il protagonista, o meglio i
protagonisti sono le sensazioni, le emozioni lasciate dalla memoria; esso
sembra nascere da un’urgenza dell’anima, come risposta al vuoto della perdita,
ma anche come desiderio di dire ancora alla propria madre tutte quelle cose che
non si è fatto in tempo a dire. E proprio il Tempo con la T maiuscola ricorre
quasi in modo ossessivo nei versi della poetessa: già nella prima poesia
troviamo ... mi nascondo al Tempo/, nella quarta c’è ... e decifrare insieme il battito del Tempo, nella quattordicesima ...Ora so che è semina il Tempo, nella
quindicesima ... come non ci fosse stato
avviso/e mai in bilico il Tempo, nell’ultima appare addirittura due volte ... nel gelo del Tempo e Il Tempo di passa sopra.
Il Tempo dunque come persona-personaggio che trascina con sé
la vita, la memoria, le opportunità. La dimensione spazio-temporale dei versi
dell’undicesima: l’ultima stanza è l’ultimo giorno,/ il più lungo poi ti
portano via.
E’, questo libro della Spinelli, una vera gemma, un dono
dell’autrice che arricchisce la poesia contemporanea, una voce necessaria. I
posteri, ne sono certa, me ne daranno conferma.
Cinzia Marulli
Alcune poesie tratte da Nelle tue stanze
VIII
a dimenticare la voce
ci vogliono anni, mi dicono.
Parlano come sapessero
tutto dei morti. Hanno pena sincera di me,
straniera approdata.
Stesso dolore, stesso cuore pesto,
abisso che si tace, se ne parla da soli
come colloquiano i matti.
X
le foglie rosse nella tua stanza,
inutile raccolta, insostenibile il vuoto
affacciato su questo nulla,
peggiora di giorno in giorno,
inutile l’acqua e l’aria,
le più frantumate s’insinuano agli angoli
del parquet divelto,
non avvertono, non lasciano traccia
le più leggere che volano via.
XIV
l’amo della memoria
è una corda pendula, il gancio
su un’attesa da riempire,
pestando a terra come fosse uva.
se agronomi della vita o geometri dell’aria
lo sapremo alla fine. Ora so che è semina il Tempo,
porta tutto a vendemmia, anche le stelle.
XVII
In sogno scopro felice che sei viva,
ma l’abbraccio non ha presa,
infilo gesti in un’ assenza
di attrazione,
dura finché chiedo se sono
alla vista, al tatto, di qualcosa.
Dovrei essere anche senza di te,
risponde il corpo che formicola.
XIX
solo i poeti sanno la nascita
segnata dalle stelle, la veglia di luce
su le colpe che diventano preghiere,
su quali chiodi fissi vigila
il pieno e il nuovo della luna.
Nel tempo che dormiamo c’è un arresto
o un ignoto accelerato
dalla staffetta dimenticata della morte.
XX
Siede il Novecento
su la tua schiena curva
di superstite
air bag di bombe e di rese
era cibo la Storia nel guscio
chiaro dei più limpidi ricordi
la guerra, il matrimonio, la mia nascita
il diario comune di ragazza
nell'infinito sbando dei venti
e le tempeste
l’arco minuscolo, la parabola,
il perimetro del mio secolo.
Marzia Spinelli
da Nelle tue stanze, Ed. Progetto Cultura 2003, Collana Le
Gemme, 2012
Marzia Spinelli, romana, è stata tra i fondatori e nella
redazione della rivista Línfera. Attualmente nella redazione della rivista
Fiori del male. Ha collaborato con articoli e testi in prosa a La bottega del
restauro, Frontiera, Omero, Polimnia. Suoi testi poetici sono presenti in varie
antologie edite da Bagatto, Notegen, Aletti, Artescrittura, LietoColle,
Lepisma. Ha pubblicato le sillogi poetiche: Fare e disfare (LietoColle,2009)e
Nelle tue stanze (Progetto Cultura, Collezione quaderni di poesia Le Gemme, 2012).
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