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venerdì 5 ottobre 2012

Premio di Poesia Le gemme - notizia


Premio di poesia “Le gemme”
I^ edizione
Scadenza 30 aprile 2012

News: E' ultimata la prima fase di valutazione delle numerosissime opere pervenute. Le raccolte che hanno superato questo primo step sono:
  • Il cielo nero
  • La pazienza dell'acqua
  • La metà del letto
  • La cosa umana
  • Amara
  • Piovono sassi
  • Voci di prolungato trastullo
  • Il canto dipinto nel cuore
  • Istantanee
  • Mi accontento dell'oro
  • Ti porto al sole
  • L'Orlanda disillusa
  • Agli zigomi delle finestre
  • Gli avi dellla mia valle
  • Cammino solo
  • La possibilità sotto attacco
  • Mi chiamavi Erato
  • In altre stanze
  • Nell'ora che soffia
  • Aritmie Lunari
  • Giorni larghi
  • Vivrò nelle rose
  • A bassa voce
A breve i risultati finali 

mercoledì 3 ottobre 2012

Anelito - A Sabino Caronia e al suo Jim


                            Anelito
                                         a Sabino Caronia e al suo Jim

                                         Portami nel silenzio
                                         ad abbracciare i sogni
                                         portami oltre le nuvole
                                         dove il cielo è sempre azzurro

                                         Lasciami inseguire l’orizzonte
                                         nel rosso di un tramonto senza fine

                                        Portami in alto
                                        oltre la speranza
                                        dove non ci sono ombre

                                        Dammi la polvere magica
                                        che mi faccia volare
                                         insieme alle rondini
                                         in una perenne primavera


  
                                                                                        Cinzia Marulli




Sabino Caronia e Cinzia Marulli
appena usciti dalla libreria Odradek di Roma



 




Sabino Caronia seduto alla scrivania di Aldo Moro
nella casa di questi a Terracina



La prima raccolta di poesie di
Sabino Caronia pubblicata
nella collezione di quaderni di poesia
Le gemme (ed. Progetto Cultura)
con introduzione di Dante Maffia






mercoledì 26 settembre 2012

Il Secondo dono di Sabino Caronia

10^ Edizione del Concorso Nazionale di Poesia Città di Sant'Anastasia

Vi segnalo che è in scadenza (30 ottobre) il Premio Nazionale di Poesia Città di Sant'Anastasia!
Di seguito troverete il bando e per ulteriori informazioni potete collegarvi al sito http://concorsopoesiasantanastasia.blogspot.it/ 


Parte anche quest'anno il Concorso Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia", giunto alla decima edizione. Dieci anni ininterrotti di programmazione e realizzazione di un evento che è divenuto senza alcun dubbio uno degli appuntamenti culturali più importanti della nostra cittadina, evento che, come sappiamo, è stato anche recentemente istituzionalizzato, riconoscendone così la validità e la qualità, nonchè il ritorno d'immagine per la Città, che è così ben inserita e riconosciuta nell'ambito della promozione culturale e in particolare letteraria, a livello nazionale.
La formula del concorso prevede anche per questa decima edizione la partecipazione con elaborati inediti a tema libero, con una sottosezione dedicata all'ambiente e territorio vesuviano; saranno premiati, come per le precedenti edizioni, anche le migliori poesie dei giovani autori e degli autori del nostro territorio. Cospicui come sempre i premi: 600 euro al primo classificato, 350 al secondo, 250 al terzo. Saranno inoltre attribuiti altri premi con targhe ed oggetti in rame dell'artigianato locale, al fine di far conoscere anche al di fuori della nostra Città le realtà artistiche, artigianali e commerciali locali, di antica tradizione.
L'organizzazione e direzione artistica dell'intero progetto è affidata, come sappiamo, all'Associazione IncontrArci di Sant'Anastasia, e nella fattispecie al poeta Giuseppe Vetromile, che ne cura il coordinamento e la segreteria.
Il bando, che è già in via di diffusione, prevede una scadenza per la presentazione degli elaborati fissata per il 30 ottobre prossimo, mentre la cerimonia di premiazione è prevista entro la fine dell'anno.
Infine, per celebrare la decima edizione del concorso, è allo studio una ulteriore sezione dedicata al libro di poesia edito, al fine di rendere il nostro concorso letterario ancora più importante e noto, come già era stato proposto ultimamente sia da parte della nostra Associazione IncontrArci, sia da parte dell'Amministrazione Comunale.

Qui di seguito il Regolamento completo.

Il Comune di Sant'Anastasia (Napoli) indice e promuove la X Edizione 2012 del Concorso Letterario Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia", avvalendosi dell'Organizzazione e Direzione Artistica dell’Associazione “IncontrArci” di Sant’Anastasia - Circolo Letterario Anastasiano. Al concorso potranno partecipare tutti i cittadini residenti in Italia o all’estero, purché i testi siano in lingua italiana.
E' possibile partecipare inviando una o due poesie in lingua italiana a tema libero, di lunghezza non superiore ai 50 versi, in 6 copie, di cui una soltanto completa di generalità, recapiti telefonici ed e-mail, e di una dichiarazione firmata che ne attesti la paternità.
Nell'ambito di questa sezione è anche possibile presentare un'ulteriore poesia ispirata al tema: "Ambiente e territorio vesuviano", in lingua italiana od anche in vernacolo napoletano, sempre in 6 copie di cui una con le generalità.

Si richiede un contributo unico per spese organizzative di Euro 10 (dieci) da versare su c.c.p. nr. 63401236 intestato all’Associazione “IncontrArci”, con causale: Concorso di poesia Città di Sant’Anastasia X Edizione. Fotocopia del versamento dovrà necessariamente essere allegata agli elaborati.

Premi

Soltanto per la sezione a tema libero in lingua italiana, sono previsti i seguenti premi:
1° premio: Euro 600; 2° premio: Euro 350; 3° premio: Euro 250.

In base alla graduatoria generale stabilita dalla Giuria, saranno inoltre premiati con Targhe ed eventuali premi speciali:
-le migliori poesie ispirate al tema "ambiente e territorio vesuviano";
-le migliori poesie di Autori giovani e ragazzi (fino a 23 anni);
-le migliori poesie degli Autori locali (Sant'Anastasia e dintorni).

A discrezione dell'Organizzazione, e in base alle valutazioni della Giuria, potranno essere inoltre conferiti altri riconoscimenti consistenti in manufatti in rame dell’artigianato locale, libri e pubblicazioni artistiche messi a disposizioni da eventuali Enti e/o Sponsor.
I premiati e i segnalati riceveranno inoltre diplomi con motivazioni.

Modalità di partecipazione

I plichi dovranno essere spediti unicamente al seguente indirizzo: SEGRETERIA DEL CONCORSO NAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI SANT’ANASTASIA”, PRESSO UFFICIO POSTALE DI MADONNA DELL’ARCO, 80048 MADONNA DELL’ARCO (Napoli), entro il 30 ottobre 2012. Si prega caldamente di evitare le raccomandate. E' anche possibile l’invio per posta elettronica all’indirizzo circolo-lett-anastasiano@hotmail.it  In questo caso si dovrà allegare anche la fotocopia dell’avvenuto versamento, oppure indicarne gli estremi.
Gli elaborati non saranno restituiti. L’Organizzazione non risponde di eventuali disguidi postali o mancati recapiti.

I nomi dei componenti della Commissione esaminatrice, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, verranno resi noti il giorno della premiazione, che si terrà in Sant'Anastasia in giorno e luogo da stabilirsi. Soltanto i premiati ed i segnalati saranno tempestivamente avvisati.
Gli altri partecipanti potranno conoscere i risultati del concorso sui siti: http://concorsopoesiasantanastasia.blogspot.com; http://circololetterarioanastasiano.blogspot.com,  e sugli altri siti letterari, oppure telefonando in Segreteria.
I premi dovranno essere ritirati direttamente dagli interessati. Soltanto in caso di seria e comprovata indisponibilità, è ammessa la delega per iscritto. In caso contrario, i premi non verranno consegnati né spediti.
Ai sensi dell'art. 10 della L. 675/96, si assicura che i dati personali relativi ai partecipanti saranno utilizzati unicamente ai fini del Concorso.

Per eventuali informazioni, è disponibile la Segreteria (081.5301386 ore serali); e-mail: circolo-lett-anastasiano@hotmail.it.

L'Organizzazione ringrazia tutti coloro che vorranno diffondere la notizia del presente Concorso di Poesia.
Si prega di non attendere gli ultimi giorni per l’invio degli elaborati, onde facilitare il compito della Segreteria e della Giuria.    

Per la celebrazione della X Edizione del Concorso, è allo studio una sezione dedicata alla Poesia Edita, il cui bando verrà redatto e diffuso a parte.


martedì 24 luglio 2012

Manuel Cohen su Agave di Cinzia Marulli Ramadori


Recensione pubblicata sull'almanacco della poesia italiana Punto n.2-2012 (Ed. PuntoaCapo)

Cinzia Marulli Ramadori, Agave, LietoColle, Faloppio (CO) 2011. (di Manuel Cohen)
Agave è il libro di esordio di Cinzia Marulli Ramadori (1965), che arriva al primo titolo dopo un lungo percorso e varie presenze su riviste e antologie. Maria Grazia Calandrone nella sua prefazione definisce questo lavoro un “inno alla chiarezza della vita e dell’amore”. L’agave è una pianta molto comune, eppure dalla fioritura rara che può variare dai 6 ai quarant’anni dalla nascita. Generalmente, una volta fiorita, la pianta muore, o si riproduce grazie alla diramazione di bulbi e di radici sotterranei. La pianta ed il suo fiore sono presi dunque a pretesto per dire della vita trasmessa ad altra vita e della morte, della nascita e della continuità nel suo faticoso e silenzioso riaffiorare alla terra e alla luce. L’agave dunque come simbolo della fertilità della donna, tra genitorialità, maternità e filiazione: un portato al femminile, un DNA, implicito nella figura della madre, della figlia, della sposa e dell’amica: ma anche metafora ‘fiorita’ dell’otre materno, variamente registrato nella frequenza, ad esempio, del lemma grembo: «Nel grembo mio/ è nato il mio fiore» (Di catene avvinta, p.31). Ma con ogni probabilità, più del fiore, è la pianta ad imporsi quale correlativo oggettivo del corpo femminile: «Ed è nel mio grembo che nasce la speranza» (Amore, p.26). Agave è un viaggio iniziatico tra elementi di natura: non casualmente, ma predisponendo la parola al divenire cosmogonico, sin dai titoli delle sezioni sono chiamati a raccolta aria ed acqua, terra e fuoco; o tra biologia ed esistenza, che si impongono sempre come rispecchiamento o spia di una realtà sensoriale, relazionale, emozionale e metafisica. I testi della Marulli ci dicono con elementare esattezza le gioie e i dolori, gli inizi e le fini, le aspettative e le cadute, le passioni e le attese, e ci restituiscono una dimensione della scrittura priva di infingimenti, innervata a una fitta rete     interrelazionale: si pensi ai numerosi testi dedicati agli amici, come a voler restituire alla parola poetica una sua dimensione sociale, conviviale, altrimenti e in genere archiviata. Ma questa voce che non si nasconde e non teme di dire, e di dirsi, risulta tutt’altro che ingenua nelle sue modalità espressive: basterà una rapida osservazione della lingua. Ad esempio, sarebbe interessante uno studio dei verbi riferiti spesso ad azioni o parti del corpo e usati in efflorescenza di tropi o metafore “in aria e in aura botanica”, come suggerisce Plinio Perilli nella generosa e dotta postfazione: per non dire del particolare uso di molti termini e verbi, ad esempio, il ricorso al riflessivo ‘si arriccia’ usato come metafora dell’onda; o mareggiare: ‘mareggia il mio sentire’,  per non dire dei casi interessanti in cui per fenomeno di conversione linguistica aggettivo e sostantivo si trasformano in verbi: ‘mi rotondo nell’ignoto’, ‘s’arancia il mio sguardo’ . Al suo esordio, la nostra autrice dimostra di avere le idee chiare circa l’orientamento intrapreso dal proprio percorso: l’oggetto, ovvero la natura del rapporti umani, i legami e i sentimenti più autentici, e  la forma o stile: in direzione di una lingua che si personalizza, si irrobustisce con neologismi e soluzioni non scontate, e nella ricerca di una parola analogica riconoscibile, una volta che avrà del tutto metabolizzato, ed è un augurio che le facciamo, l’inevitabile prontuario metaforico e l’immaginario ‘di tradizione’.

giovedì 5 aprile 2012

Dante Maffia su Agave di Cinzia Marulli Ramadori

CINZIA MARULLI RAMADORI, Agave,  Faloppio, LietoColle, 2011
Mi hanno sempre ripetuto alcuni grandi maestri della poesia e della critica letteraria come Aldo Palazzeschi, Giacinto Spagnoletti  e Mario Sansone, che di un’opera prima vanno  segnalati soltanto i meriti. Gli eventuali errori non bisogna considerarli, le eventuali cadute  bisogna ignorarle. Dunque sono andato alla ricerca soltanto dei pregi di Agave e non ho voluto sapere, non voglio sapere se per caso c’è qualcosa che non funziona. Mi sono fatto fasciare dai versi di Cinzia, prendere dalla loro umanità e dal loro sapore amicale e non mi sono sfuggiti i Ringraziamenti che illuminano un aspetto assai importante della personalità della poetessa.
Cinzia nasce dalla tradizione italiana più acclarata, ma non la imita. Anzi  ne smussa le punte aguzze, i toni altisonanti per approdare a un pacato modo di “raccontare”  evocando e cercando di descrivere i sentimenti della sua quotidianità. Parla in modo diretto (Tu sei acqua / amore mio / nella quale leggera / io nuoto); compie atti di fede con l’entusiasmo di un’adolescente  (a Nina Maroccolo, ad Anita Napolitano), adopera il vocabolario delle emozioni  aperte e  consuete: per la madre, per il figlio, per ogni incontro che ritiene importante; si confessa e guarda dritto negli occhi il lettore. Ma non è un atto di sfida o di  iattanza, semmai è la ricerca di un assenso e di un consenso, il desiderio di essere accolta come una compagna di strada che sa abbeverarsi alla poesia e non chiede altro.
Credo che il cammino di Cinzia, appena cominciato, le darà grandi soddisfazioni, perché possiede una grande passione per il mondo delle lettere e possiede il calore necessario per inseguire le sirene del canto.

Dante Maffìa

Vanna Corvese su Agave di Cinzia Marulli Ramadori

Caserta, 2 aprile 2012                                             
  
 “AGAVE”
di Cinzia Marulli Ramadori
 Note di  Vanna Corvese

[Ho ricevuto la silloge di Cinzia quando volevo lasciar perdere ogni iniziativa di presentazione di libri. Questo però m’incuriosiva; avevo letto l’esergo e il ritratto poetico di Anita Napolitano  e mi piaceva la bella copertina con l’uccello di fuoco di Andrea Leoni, ma lo lasciavo stare lì bene in vista nello scaffale delle ultime pubblicazioni, senza decidermi. Solo dopo un po’ di tempo ho cominciato a leggerlo.]

 Mi ha colpita allora lo slancio lirico e l’unità d’ispirazione di questa opera prima. Il cuore della raccolta è racchiuso nell’esergo, che è nello stesso tempo dedica e incipit del libro:   
                                               Figlio
                                                         io sono  Agave
                                                                 nel suo fiore
                                                                     svetta
                                                                il mio amore
 L’amore è il filo rosso del percorso di Cinzia nella vita e nella scrittura e lega i quattro elementi, che corrispondono alle quattro sezioni del libro: radice, fiore, amnios e aere.
 L’agave, che si erge dritta e forte sul fusto, è una pianta ben radicata nella terra, fiorisce una sola volta e dopo aver raggiunto la sua pienezza, muore.  Ha numerose spine all’apice e ai margini delle foglie. Dunque il dono che reca gioia, il fiore, si accompagna alla presenza dolorosa degli aculei. Cinzia si affida alle immagini che germinano da questa metafora per esprimere il miracolo della vita, che ha in sé dolore e bellezza e si estende gradualmente oltre la cerchia degli affetti familiari.
In questa raccolta l’autrice cerca l’equazione tra slancio creativo e forma compiuta, tra passione e costruzione sapiente.
Tradurre in linguaggio poetico l’esperienza della maternità ha creato un ponte tra ciò che è indicibile, tumultuoso, oscuro  e ciò che è limpido, dominato dalla ragione. Nonostante la prevalenza di toni intimistici, i versi manifestano una forte coscienza di donna provata dalle difficoltà della vita. L’esperienza, limitata ma vissuta profondamente, la rende capace di comprendere condizioni di sofferenza diverse dalle sue, per esempio quelle causate dalla violenza del potere criminale:  in una lirica intitolata “Si straziano i silenzi”, trasfonde il suo amore della vita in accenti forti di indignazione civile per l’uccisione di Peppino Impastato, dedicando i versi non solo a tutti i giovani che si sono ribellati alla mafia, ma anche alle loro madri (pag.18).
 Il suo sguardo, così attento a ciò che è dentro di lei e vicino al suo mondo, è capace di spaziare anche lontano.
Nel libro esprime  il mistero della nascita che fiorisce nel grembo, e poi la vicinanza fisica, il legame forte con la piccola vita affidata a lei,  ma nello stesso tempo i suoi versi rivelano una precisa cifra spirituale: l’amore materno si estende ad altri aspetti dell’esistenza e a eventi interiori, anzitutto al sentimento dell’amicizia, che ha diversi gradi, nasce da un’affinità profonda con un’altra donna nella quale scopre che la passione e il dolore diventano poesia [“Ad Anita Napolitano” ].
Questo afflato approda a una forma alta e commossa nell’ultima poesia, “Carla e Roberta”, che costituisce la preziosa appendice intitolata AMORE, quasi il suggello della raccolta. Roberta è una donna autistica. Carla è la madre di Roberta.
C’è un percorso unitario nelle quattro sezioni, RADICE (terra), FIORE (figlio e fuoco della giovinezza), AMNIOS (acqua, liquido amniotico), AERE (aria) .
1] Il grembo che esplode al vagito della vita è la terra e la radice. (p.14) È nel corpo-materia che cresce il  fiore-figlio. Il corpo si dona in un abbraccio, ed è qui che nasce la speranza di un amore più vasto.
Il questa realtà fisica e spirituale c’è anche il radicarsi dei sentimenti e delle scelte fondamentali, anche eroiche, di un’umanità dolente.
Il grembo è anche quello della madre morente. Cinzia attende l’ultimo alito e invoca un solo secondo per stringerla al petto/per tornarle nel grembo (pag.19). Di fronte all’ictus il dolore si traduce in un linguaggio metaforico sorprendente:
    non più parole /ma strascicati versi e /occhi persi /       nel bianco dell’oscurità/ il corpo non risponde/ è tronco d’albero senza radice…
L’esperienza della terapia intensiva a cui è sottoposta la persona cara ispira accenti duri, quasi violenti, nelle immagini  di “Tubi dissonanti”  (pag.23) della terapia intensiva sembrano meduse / che si avvinghiano / a corpi fatiscenti /…
La sezione si conclude con un canto d’amore esteso a tutta un’umanità dolente (pag. 26) 
 Ed è nel grembo che nasce la speranza /di creare finalmente quel sentire /che ogni anima dovrebbe sempre ricordare /anche quando s’incrociano gli sguardi / di tante persone ignare e sconosciute
In una lirica la speranza è detta “piuma” con una metafora insolita.
2] Il tema della maternità si sviluppa poi nei versi della seconda sezione, “FIORE”, dove prevale il senso della vita che cresce nella realtà della nuova generazione. In “Logopedia” la tenerezza materna segue il silenzio, ed il lieve esitare del … balbettio/ Quella parolina sospesa sul respiro. (pag. 33)  Il figlio con mille colori disegna il suono disperatamente e infine urla i suoi colori. E ad ogni alba ritrovata la luce inonda la mente della madre e il cuore si spalanca / ed abbraccia la vita. (30).
Cinzia ha uno sguardo attento sull’adolescenza, che appare inconsapevole degli eventi e manifesta il disagio nei silenzi, nei giochi beffardi e nelle lacrime di rabbia (pag.34).
 Sa cogliere il trepidare della gioventù insicura nella “Notte prima degli esami” (pag.36)
Nella poesia Acrobata (35) c’è un’immagine che traduce uno stato d’animo con una forma audace di sinestesia:   Gli sguardi / velati dall’incertezza /  intingono i pennelli / nei colori della speranza.
3] Nella sezione AMNIOS, l’acqua è celebrata come l’elemento che accoglie e fa crescere anche i pensieri. Qui la parola si collega al tema del sogno e del silenzio, sullo sfondo marino. Sono molteplici i significati della voce, intesa in senso proprio e metaforico: a volte si ascoltano “I sospiri del mare” (pag.49) dove  il pensiero fluisce verso l’orizzonte / tra le freschezze azzurre degli ariosi pensieri;  altre volte il vento soffia sulle foglie /  e il corpo si piega / al fluire della marea (51); oppure soffia il “Maestrale”(p.48)  ed è un vagare solitario / tra la risacca del tempo.
4] L’ultima sezione, “AERE” ci fornisce interessanti indizi sulla scelta della scrittura, collegata alla contemplazione della bellezza e alla profondità dello sguardo sulla realtà.
Il discorso prende forma con un ricco linguaggio metaforico:         (pag.59)
Straripa l’inchiostro / dagli argini della mia anima /è  un fluire nero e tumultuoso / sul bianco foglio della ragione.
Il compito della scrittura poetica non è facile. A volte le forti emozioni diventano urlo di ribellione, come nella poesia dedicata ad Anita (pag 72 )
  La tua penna ha inciso nella roccia
 la rabbia sconfortante dell’offesa…
 È adombrata altrove la presenza di una guida. Il maestro è visto “silenzioso / camminare tra pareti di carta”, a lui si rivolge (pag.62) quando cerca di definire una forma di poesia:
                                                        ed io sono lì
                                                        nascosta nel buio
                                                        e ascolto nell’aria
                                                        la tua poesia
                                                        rompere il silenzio

                                                        è come breccia
                                                        nella roccia
                                                        che implode

                                                        ora
                                                        vedo la via
                                                        frammenti di pietra
                                                        tracciano il sentiero.


Queste note si concludono con la lettura della poesia “Carla e Roberta”  dell’ultima sezione intitolata “Amore”, nel segno di un profondo senso della maternità, da cui è possibile allargare lo sguardo su un orizzonte più vasto
                                                                           Vanna Corvese

giovedì 29 marzo 2012

Fortuna Della Porta su Agave di Cinzia Marulli Ramadori

Leggi la recensione su KultVirtualPress

Poesia femminile questa di Cinzia Marulli, non solo perché espressione di autoascolto, ma proprio canto della maternità, che rappresenta la realizzazione più piena del suo esistere, pari alla forza generatrice dell’intera natura, che si mostra pertanto come la Grande Dea Madre che contiene il tutto.
Del fervore della germinazione universale lei è parte integrante e in esso, congiuntamente, è chiamata a condurre il Tempo avanti.
Appaiono altre madri, come la sua che è da anni malata –i tuoi occhi mi hanno inseguita/ in essi solitudine/ cantava a squarciagola- e quella sfigurata di Peppino Impastato. Tornano e ritornano termini come grembo, materno, maternità, imperitura maternità, lattei seni, amnios…
L’autrice sente l’orgoglio e la nobiltà del dono ricevuto –fierezza di donna fierezza di pace/ che stringe e protegge-.
Il femminile di Cinzia ha connotati ancestrali. Si tinge del colore del sangue, scova il senso del dovere da compiere, l’abitudine ad accudire senza tentennamenti, perché il dato dell’offerta di sé è scritto nel profondo. Tra queste mura incatenate/ m’incateno alla mia coscienza/ a quel senso del dovere/ che s’avvinghia come l’edera.
La sollecitudine verso gli altri e la cura di coloro che dipendono da lei sono i lineamenti della sua anima e della sua poesia. La generosità, che è un aspetto precipuo della sua vita, passa diritto nella poesia e si evince pure dai tanti omaggi poetici offerti a chi stima o la circonda.
Si rivolge al prefatore della silloge col titolo di Maestro, qualifica che, se pure meritata, indica ancora un altro sentimento perso: quello dell’umiltà e del riconoscimento disinteressato dei meriti altrui.
Spesso la poesia delle donne dettaglia angosce esistenziali, forme di relativismo riguardanti non solo le idee eterne e filosofiche, ma persino i rapporti umani. Mi è piaciuto allora definire la limpidezza di Cinzia, la sua stoica meditazione all’orlo di tanti baratri, come poesia d’amore, inteso nel senso più alto o poesia pacificata.
Non è poesia ingenua, tuttavia. La Marulli porta le stesse stigmate che la vita scrive sulla pelle di tutti, ma nei suoi versi si respira un’aria di conciliazione.
Non di tipo mistico, quale troviamo nei Fioretti, ma l’ottimismo del cuore, la speranza, che rivive col rinascere del giorno, a dispetto del pessimismo indotto dagli accadimenti. Difatti scopriamo altri lemmi e locuzioni ricorrenti, come quando scrive: i colori della speranza, il cuore si spalanca/ ed abbraccia la vita.
Ma sollievo principale è offerto dal figlio che riesce a medicare ogni inquietudine e ogni escoriazione.
Ed ecco/ figlio mio/ spalancarsi all’improvviso/ una finestra aperta sul tuo sorriso.
Anche la natura ha funzione consolatrice, come il mare, per esempio, nella sezione Amnios, che torna nelle sue caleidoscopiche tinte a seconda dell’ora. E anche qui mare, mareggia, marea, onda, sabbia…, servono a descrivere il percorso dei suoi occhi e del suo alleggerimento.
Insomma, è un libro inscritto degli elementi primordiali -aria acqua terra fuoco- che compongono l’antica cosmogonia e quella della Marulli: un respiro unico e universale che conduce le creature, vegetali compresi, ciascuno col proprio carico d’inchiostro che imbratta le pagine della vita.

Fortuna Della Porta

giovedì 22 marzo 2012

Rita Pacilio su TempoMassimo di Massimo Pacetti (Le gemme - Ed. Progetto Cultura)


La silloge poetica Tempo Massimo di Massimo Pacetti è un percorso poetico che si muove lungo una dimensione individuale ricercando, attraverso la decifrazione del ‘tempo’, la verità vissuta ed immaginata del confine tra la realtà e il possibile. ‘La rifrazione del verso a volte diviene paura d'inganno e la si rifratta in un tempo particolare, in una scheggia, si usa il simbolo per alzare e rendere perenne una entità che sfocia nel pensiero comune’. E’ il ‘tu’ che diventa, infatti, il tempo letterario, la strada non percorsa o forse quella del ricordo e che resta sempre nitida nella mente come ‘il viaggio più lungo’. Pacetti ci porta in luoghi intimi e universali, come sentieri tracciati, dove i tormenti si quietano; i versi vengono sussurrati, ma non nascondono i pensieri del mondo. A volte la parola poetica gioca con la filosofia di vita e il senso cosciente diviene aspetto quasi inconsulto e forza assoluta di associazioni liberatorie, creative. Questa è la emancipazione della poesia che non è mero esercizio concettuale, ma che si lascia andare a funzioni di libertà delle parole non rientrando esclusivamente in schemi di forme retoriche accademiche. Il tempo regna sovrano nell’opera e in effetti esiste come pensiero che coordina la logica e la scienza. Nulla sfugge al dominio della durata del cosmo come momento e luogo di bisogno in cui ordinare il mondo fisico e metafisico rendendo gli istanti umani meno fuggitivi e sempre più folgorati da un presente che azzera ogni fatalità enigmatica e finita. ‘… In effetti, possiamo interpretare la seconda topica di Freud, e tutto un aspetto del suo pensiero, nel modo seguente: la nostra vita ha due poli di cui uno (das Ich) certamente è quello che punta alla fusione degli orizzonti, alla monocromia. La Logica e la supposizione di una Realtà comune sono le stanze principali di questa fusione omologante, universalizzante. Nella logica, ancora più che nell'inconscio non esiste il tempo, la logica tratta della verità in tutti i mondi possibili, e in tutti i tempi possibili. (Per questa ragione Lacan ha potuto affermare che l'inconscio freudiano, proprio perché atemporale, ha una struttura fondamentalmente logica). Ciò che chiamiamo realtà fa eco all'appello per un fondo comune, all'istanza di un tempo assoluto che farebbe orbitare attorno a sé tutti i tempi particolari. L'universalità fusionale del razionalisrno, automatizzando la vita, annulla il tempo. La prova di una realtà comune e universale diventa la macchina, l'automatismo. La macchina è l'ideale atemporale .non solo del razionalismo ma anche di alcuni soggetti, in particolare del soggetti ossessivi … ’ (Sergio Benvenuto) La psicanalisi, quindi, ha sottolineato che il tempo rappresenta spostamenti o metafore al fine di arrivare all’oggetto desiderato per agirlo, per definirlo e concettualizzarlo nell’Io profondo che sogna, medita e partorisce idee. Un tempo Massimo come ‘forza, energia vitale per attraversare e non per eludere il silenzio e la morte’ (Yves Bonnefoy).

Rita Pacilio

domenica 26 febbraio 2012

Manuel Cohen vince il premio Fortini 2011



Dal sito delle edizioni CFR di Gianmario Lucini
Manuel Cohen 
Winterreise.  La traversataoccidentale

ISBN 978-88-897224-33-4
Edizioni CFR - 2012 - pp. 152 € 13,00  (- 25% dal sito per ordini di almeno 20 € complessive)

Silloge prima classificata al Premio Fortini - 2° edizione.




“Traversata” dunque, ma nella cultura, dentro tutto il rimosso della cultura contemporanea. Significa insomma che l’intenzione del poeta, (che diverrà sempre più chiara nel corso delle undici sezioni, così come accresce l’intensità emotiva ed affettiva e lo stesso “ritmo”, a volte, della prosodia) non è quella di sottoporci l’ennesimo quadro storico–generazionale, ma piuttosto quello di rilanciare, sul piano culturale, proprio il rimosso, la pigrizia mentale di almeno due generazioni e dei nostri giorni. Ossia ildovere civile del poeta, il ruolo stesso della poesia nella società, già dagli esordi della poesia epica e tragica. L’intenzione è quella di andare a scavare dentro quei nodi, attualissimi e ancora irrisolti, che la cultura non vuole affrontare perché sono scomodi, veri e propri “scheletri negli armadi” della letteratura (e della poesia in particolare) dello “stile di vita” occidentale, del potere, della politica, e così via. L’intenzione è anche quella della resistenza, ma per nulla remissiva. [...]  Ma forse, più che forza ideale, debbo qui parlare di una sua puntuale “testimonianza alla verità”, sia pur soggettiva, ma senza remore e con grande coraggio. Testimonianza che non si esaurisce certo in se stessa ma diventa, man mano che il libro si sviluppa, vera e propria collera, esplicita e ritmata dalla fonoprosodia,  voglia di reagire, istigazione alla ribellione, ben al di là dell’impegno etico e civile di “dire la verità”. Cosa che manca a troppi poeti, che si appagano nel produrre una poesia, se non di consenso, almeno di “non detto” – la poesia del taciuto, del fra parentesi, del rimosso, appunto. Il testimone non cerca il consenso o l’approvazione: è impegnato dal giuramento, di “dire quello che sa”, al di là del fatto che piaccia o non piaccia, procuri plauso o magari sotterranei rancori – cosa frequentissima nel mondo delle lettere, popolata da insopportabili narcisi e disumanizzata dalla sua autoreferenzialità; o che gli procuri anche una chiusura ideologica a causa della sua chiarezza e delle sue accuse senza remore ai poteri e a chi li incarna (si veda ad es. le sezioni IX e X)
Dotato di tale equipaggiamento, il canto sgorga naturalmente alto e, direi, profetico, nella scia del profetismo laico pasoliniano (che permea in buona parte lo spirito di tutto il poema), condiviso con altri che, pur senza nome o appena riconoscibili per fugaci indicazioni disseminate nei testi, colloquiano col poeta sul basso ostinato della sua proposta critica, in veri e propri dialoghi poetici.
Una poesia forte dunque, segnata qua e là da una vena generazionale (in modo particolare nella terza sezione), che vuole mettere il dito nella piaga perché è dal riconoscimento del fallimento che può nascere una migliore avventura, umana e letteraria (si veda la feroce invettiva di tutta l’ultima sezione).
Cohen, peraltro, è conscio della vocazione piazziaiola di tanta poesia civile, gridata, a volte sgraziata, prolissa, sopra le righe, non di rado sciatta nel linguaggio, imprecisa, spesso ideologica e giacobina. Da critico raffinato si pone dunque anche il problema dello stile e lo affronta in maniera rigorosa, senza uscire mai dalla tradizione di rigore e ricerca della migliore poesia. I ritmi che preferisce sono quelli dell’endecasillabo e del settenario; la fonoprosodia si arricchisce di allitterazioni, di rime interne, di effetti lungamente cercati nel lavoro di lima, guardando alla migliore poesia del secondo novecento. Alla facile soluzione affabulatoria, alla prolissità, Cohen contrappone il rigore semantico e una concisione a volte esasperata e densa di allusioni, ma mai monca. Alla parola banale egli preferisce la parola precisa, capace di dire quello che vuole dire e non “più o meno” un certo significato. Uno stile, dunque (apparentemente) castigato dalla forma chiusa nelle ottave, nella rima, ma dalla densità di contenuti molto rara, nel panorama odierno.  (G. Lucini)

Credo siano tra le cose migliori che la nuova generazione ha saputo proporre in questi ultimi dieci anni: melicità e pensiero, metrica breve e sintassi lunga, vi si raccolgono a far fruttare la lezione del significato espresso ed esplicito reso con fresca musica, che da Saba giunge a Caproni e a Giudici. (Gianni D'Elia)

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giovedì 23 febbraio 2012

Mi vestirei di mare di Carla De Angelis

Nella vita nasce e si nutre la poesia di Carla De Angelis. Non ci sono fingimenti; è la realtà, quella del cuore, a cantare nei suoi versi. E sono versi asciutti perché nulla sia di troppo, perché non servono inutili giri di parole davanti al muto sentire dell’animo.  Proprio in tale sentire, che va oltre la bieca apparenza, che palpita e freme, si sostanzia la poesia di Carla. che diviene una voce forte della nostra contemporaneità dove sintesi e linearità tratteggiano uno stile diretto, incisivo, penetrativo.
Non ci sono avvenimenti eccezionali, personaggi illustri, storie blasonate, ma tutto è ricondotto ad una forte e intensa umanità: è l’uomo e la donna, nella loro quotidianità a essere protagonisti della storia, ad esprimere attraverso semplici e umanissimi gesti il grande senso della vita. Così Carla De Angelis ci dice: “Devi sapere che vivo di piccole cose/e grandi dolori, voli di Icaro/finiscono come gocce di acqua sul fuoco/continuo a pungermi con l’ortica/la porta sempre aperta/entrate  a piedi scalzi /non calpestate i disegni/. Perché ogni piccola cosa della nostra esistenza diventa grande in base al nostro sentire, perché il dolore ci piega e ci rende forti allo stesso tempo, ma soprattutto ci porta a desiderare di volare, come Icaro, purtroppo,  troppo vicino al sole;
Nelle poesie dedicate alla figlia si concentra il senso dell’amore, la dedizione assoluta che travalica la propria condizione per divenire insegnamento universale; non un insegnamento voluto, preteso, ma solo semplicissimo ed umilissino esempio. Carla ci esprime un concetto enorme con pochissime scarne parole: “Resto orfana/quando vai in vacanza/”. Si ribalta il ruolo materno, l’amore è così forte da privarci di ogni nostro passato davanti alla sua mancanza e la parola poetica diviene potenza assoluta.
Questo è uno dei motivi che mi hanno spinto a includere la poesia di Carla De Angelis nei quaderni “Le gemme”, perché sento l’autenticità dei suoi versi nei quali la parola assume senso e sostanza: è l’anelito infinito dell’uomo che respira aria, ma anela a vestirsi di mare.
                                                                                Cinzia Marulli Ramadori

lunedì 20 febbraio 2012

La porta sul mondo di Maurizio Soldini (Giuliano Ladolfi editore – 2011)

Maurizio Soldini usa la parola poetica per lanciare un messaggio forte e chiaro, un grido d’aiuto e di speranza insieme.“La porta del mondo”, edita da Giuliano Ladolfi Editore, è infatti un poemetto di grande meditazione socio-esistenziale.
Il tema centrale, il così detto protagonista è “il centro commerciale”  inteso come limite estremo dell'evoluzione (o involuzione?) socio-economica della nostra collettività: “adesso è tutto concentrato/in uno scatolone/dove il tempo è scandito/da quel televisore/che annuncia le occasioni di giornata/...; il centro commerciale assurge a simbolo della perdizione dei valori umani: ... / e spinge l’avventore alla rinfusa/ad acquistare questa segatura/che fa da bagnasciuga al desiderio./
Tre sono gli eroi simbolici che emergono dai versi del poema:  Marcovaldo, Astolfo e Ulisse che rappresentano noi stessi nelle varie fasi storico-evolutive verso la cultura globalizzata e consumistica dei centri commerciali.
Il Marcovaldo di Calvino, che segnava il passaggio dalla società rurale a quella cittadina, ora viene preso a simbolo del passaggio a una società dominata, dunque, dai centri commerciali: “Oggi passerebbe delle ore indimenticabili al Centro Commerciale” scrive Soldini e Marcovaldo diviene infatti l’immagine dell’uomo ingenuo che si lascia trasportare dal desiderio verso l’effimero perdendo di vista l’orientamento non solo geografico ma soprattutto del proprio sé; Un Marcovaldo di-sperso e disorientato all’interno dei labirintici centri commerciali allo stesso modo di come eravamo noi quando questi mostri architettonici nacquero 20 anni fa.  
Ecco dunque che tutti noi diveniamo “Astolfo ,  esseri che invece non hanno smarrito l’orientamento, ma che,  anzi,  cercano  nei centri commerciali quell’elisir che possa illuderci di  riempire le nostre pochezze: ... Astolfi in cerca di elisir/ assennati tra cianfrusaglie/ scatole cartoni buste di plastica/per la spesa carrelli colorati/...  Ma è a Ulisse che viene dato il compito di resistere al desiderio, alle tentazioni; il compito di riuscire a tornare e a ritrovare sé stessi: Decidi allora / di andar controcorrente / di uscir da questo mare di incertezze./Vai via da MediaWorld/da quel mondo mediatico/in cui qualcuno/(forse tu stesso) ti aveva gettato./
Il fatto è che Maurizio Soldini non scrive questo poemetto solo per rappresentare la perdizione della condizione umana, ma lo scrive soprattutto per esortarci ad uscire da tale condizione, per ritrovare, come ci dice nel proemio, il giusto percorso: Canto l’eroe che nonostante tutto/naviga in questo mare di vergogna/Canto chi cerca la sopravvivenza/il tormento del post-moderno/la sopravvenienza dalla nebbia/ e l’uscita dal foro del non-senso./
Si giunge infatti all’epilogo, un epilogo di speranza, di fiducia nelle risorse intime dell’uomo che trova nell’arte, nella musica, nella poesia la sua ancora di salvezza, il mezzo ed il fine, la zattera magica che consente ad Ulisse di ritornare ad Itaca: Così rinasci e torni ad esser uomo (o donna)/... /... e con la poesia/e la musica tenti di essere più umano/di certo stra-vagato di certo attorcigliato/di certo assonnato e quindi corri corri/ tu corri  a perdifiato per ri-tornare a itaca/ nella tua isola pensando già al domani... /
Il linguaggio poetico usato da Soldini è totalmente coerente con la tematica affrontanta; è un linguaggio che ricerca il potere della comunicazione perché questo poemetto, che manifesta anche rilevanti note di ironia,  è in realtà una preghiera, un’invocazione, una supplica, un monito per svegliare l’uomo dal torpore nel quale è caduto e ci pone tutti davanti ad una scelta difficile, ma inevitabile.
                                                                                           Cinzia Marulli Ramadori





Maurizio Soldini, docente di Bioetica, svolge la sua attività di clinico presso la “Sapienza” Università di Roma. Ha all’attivo numerosi interventi, articoli e saggi anche su riviste internazionali. Collabora con Riviste e quotidiani, in particolare con i quotidiani ‘Il Messaggero’ e ‘Avvenire’. Ha pubblicato diverse monografie tra cui: ‘La bioetica e l’anziano’ (ISB, 1999), ‘Argomenti di Bioetica’ (Armando, 1999 e 20022), ‘Bioetica della vita nascente’ (CIC, 2001), ‘Filosofia e medicina. Per una filosofia pratica della medicina’ (Armando, 2006), ‘Wittgenstein e il libro blu’ (Mattioli 1885, 2009). Ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: ‘Frammenti di un corpo e di un’anima’ (Aracne, 2006), ‘In controluce’ (LietoColle, 2009), ‘Uomo. Poemetto di bioetica’ (LietoColle, 2010) e ‘La porta sul mondo’ (Giuliano Ladolfi Editore, 2011).