CINZIA MARULLI RAMADORI, Agave, Faloppio, LietoColle, 2011
Mi hanno sempre ripetuto alcuni grandi maestri della poesia e della critica letteraria come Aldo Palazzeschi, Giacinto Spagnoletti e Mario Sansone, che di un’opera prima vanno segnalati soltanto i meriti. Gli eventuali errori non bisogna considerarli, le eventuali cadute bisogna ignorarle. Dunque sono andato alla ricerca soltanto dei pregi di Agave e non ho voluto sapere, non voglio sapere se per caso c’è qualcosa che non funziona. Mi sono fatto fasciare dai versi di Cinzia, prendere dalla loro umanità e dal loro sapore amicale e non mi sono sfuggiti i Ringraziamenti che illuminano un aspetto assai importante della personalità della poetessa.
Cinzia nasce dalla tradizione italiana più acclarata, ma non la imita. Anzi ne smussa le punte aguzze, i toni altisonanti per approdare a un pacato modo di “raccontare” evocando e cercando di descrivere i sentimenti della sua quotidianità. Parla in modo diretto (Tu sei acqua / amore mio / nella quale leggera / io nuoto); compie atti di fede con l’entusiasmo di un’adolescente (a Nina Maroccolo, ad Anita Napolitano), adopera il vocabolario delle emozioni aperte e consuete: per la madre, per il figlio, per ogni incontro che ritiene importante; si confessa e guarda dritto negli occhi il lettore. Ma non è un atto di sfida o di iattanza, semmai è la ricerca di un assenso e di un consenso, il desiderio di essere accolta come una compagna di strada che sa abbeverarsi alla poesia e non chiede altro.
Credo che il cammino di Cinzia, appena cominciato, le darà grandi soddisfazioni, perché possiede una grande passione per il mondo delle lettere e possiede il calore necessario per inseguire le sirene del canto.
Dante Maffìa
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