Quando
leggiamo il curriculum di Cinzia Marulli, i cui versi sono tradotti e diffusi
in ogni continente, esperta in sinoindologia, raffinata traduttrice dei poeti
cinesi detti “brumosi”, vincitrice con la raccolta inedita “La casa delle fate”
del prestigioso Premio di Poesia “ Casa museo Alda Merini “ ed. 2016, siamo presi da un reverenziale sgomento.
Ma leggendo
i suoi versi ci giunge immediato e spontaneo il dono di un’anima schiva e pur
generosa, che altro non desidera che mostrarsi ed essere accolta da chi sappia
intendere il suo canto, per vibrare
all’unisono e camminare insieme alla ricerca del senso della vita nascosto nei
gesti e negli oggetti i più umili e consueti, una ricerca, avverte l’autrice,
che può essere compiuta solo con lo stupore di chi ha saputo conservare la
capacità di scoprire il mondo con “occhi
di bambina ”(pag.36).
Non vorrei
fare citazioni scontate andando con il pensiero alla poetica del fanciullino di
pascoliana memoria o all’aforisma “l’importante è invisibile agli occhi” tratto
dal “Piccolo Principe”; ma è Cinzia stessa a ribadire che la chiave, che schiude la porta della presa
di coscienza e che giace a terra
sconsolata in attesa di essere raccolta, può essere afferrata solo da chi ha
conservato il cuore semplice e l’occhio chiaro di un bambino: ( pag. 34 ) “
…non ci sono serrature \ in quella porta \ il varco è aperto \ e attende \
attende il passo \ lentamente sorridere \ perché giocano i bambini \ e loro non
hanno segreti \ e nulla è chiuso”. La
presa di coscienza è il prezzo da pagare, per quanto doloroso, per
giungere alla conoscenza del Vero.
Il suo
manifesto di poetica lo incontriamo nei versi di pag. 37, quando confida: “ Scrivo
perché sento la luce farsi specchio \
perché cerco il percorso \ che mi porti a una meta senza
arrivo,\….Scrivo perché un giorno un amico \ mi regalò una penna facendomi
credere \ che fosse una bacchetta
magica.
Per Cinzia
il Poeta è colui che custodisce nel suo cuore, nell’anima sua , quella
scintilla divina, quella luce che è in ogni essere umano, e la riflette
duplicandola, moltiplicandola all’infinito e , attraverso la parola, la
diffonde nel mondo per illuminare il percorso da compiere alla ricerca del
senso della vita.
E cosa altro
è la vita se non un percorso che conduce alla conoscenza del sé: “ Il sentiero
si crea camminando” , scrive Antonio Machado, e non importa dove ci condurrà,
ciò che importa è abbandonarsi all’alito del vento e avere il coraggio di
lasciarsi trasportare ovunque vorrà.
La ricerca,
il percorso alla ricerca del senso della vita, costituisce uno dei motivi di
ispirazione dell’intera silloge, anzi il motivo che tutti gli altri sovrasta,
tanto da darle il nome: “ Percorsi”.
Pa. 24: “
Dimmi.\ Copri questa domanda disperata. \ Dov’è il senso del sentiero? ”. L’interlocutore
sconosciuto sembra non comprendere gli interrogativi che ingombrano l’animo del
poeta. In realtà ha tutto inteso ( ma l’interlocutore chi è? ) e si chiede se NOI saremo in grado di vedere la Verità oltre il
velo fumoso della nebbia che sembra ottundere la mente. La risposa è chiara e
non eludibile. Per comprenderla non è sufficiente guardare avanti, è necessario
sollevarsi al di sopra delle cose e delle vicende umane per osservarle dall’alto in una prospettiva
diversa e capovolta: prendere consapevolezza del presente e del passato per
costruire e andare avanti incontro al futuro.
La disperazione con cui il poeta pone la
domanda non va intesa come rinuncia alla speranza stessa, ma come forza che si
innalza al di là dei limiti dell’uomo, miserevoli, e lo sostiene in una ricerca
che mai non si arrende: la ricerca alle risposte o di Colui che potrà
rivelarle, le risposte agli interrogativi che dalla notte dei tempi
accompagnano il passaggio dell’uomo sulla terra.
Se potessimo
salire sulle spalle dei giganti del passato
per ricominciare dal punto in cui il loro percorso è stato interrotto!
Bisogna scavare nell’animo dei grandi per coltivare il nostro, abbeverarsi alla
loro sorgente per riprendere le forze e perseverare nel cammino della
conoscenza. E quando nel loro solco
torneremo a fiorire, bisognerà avere il coraggio di gettare alle ortiche tutte
le sovrastrutture, avere il coraggio di essere giudicati folli e intraprendere
sentieri non conosciuti e magari malsicuri. Fermarsi a contemplare la strada
percorsa con l’anima, senza voltarsi, proiettati verso il mistero che ancora
attende. Non cadiamo nell’errore di Orfeo, sembra raccomandare Cinzia: dobbiamo
avere la forza di non dubitare e cercare il nostro percorso attraverso le vie
le più impervie e sconosciute. Dobbiamo avere fiducia nell’uomo, abbandonarci a
quella scintilla della nous divina che arde in ciascuno di noi. Ed è questa la
scintilla che guida da sempre la ricerca di Cinzia e conduce ognuno alla Verità
mettendo da parte falsi obiettivi. In alto ( pag. 34 ) , è lì che attende il
Vero, in cima a un sentiero talmente posseduto di luce e di calore che cerchi
l’ombra; talmente faticoso da raggiungere da far agognare il riposo e
accoglierlo con un sorriso come faremmo con un amico.
Bussola e
guida nel viaggio è la PAROLA poetica, motivo dominante nella sezione” Il
paradosso del cerchio”:
ogni punto
non è solo un arrivo ma una nuova partenza, asse e centro della poetica dantesca
e della concezione cristiano-medievale della vita terrena intesa come
pellegrinaggio avente come meta Dio e quindi il perfezionamento da raggiungersi
attraverso la conoscenza, anche attraverso l’arte. (pag. 28) “A volte credo di
averlo fatto il viaggio\....ma io ragiono con la misura della terra…”. Anche
nella trappola del corpo-materia c’è una parte di noi librata in alto( Montale
e il falco alto levato).
La PAROLA
poetica di Cinzia appare semplice e
leggera, volteggia nella luce limpida del mattino o nell’aere brumoso insieme
con l’alito del vento o il volo delle rondini, ma è acuminata e tagliente come
una lama di cristallo, incide profondamente anima e cuore aprendo un varco
insanabile da cui entrano ed escono incessantemente i pensieri di ognuno di noi in perenne
comunicazione: tutte le anime che popolano la terra sono in comunicazione tra
di loro, bagnate dalla stessa pioggia, rabbrividiscono all’ombra delle stesse
nubi che tentano di oscurare il sole ovunque esso vada. Il tempo può cancellare le orme di chiunque
sia di passaggio sulla terra, ma non l’impronta dell’Uomo nella sua incessante
ricerca: non arrendiamoci, è la ricerca ciò che conta e non il paradiso, che
può attendere, in eterno, inutile.
L’amore è la
risposta a tutte le ricerche, anche le più affannose, le più disperate,
l’amore, inteso come comunione di due anime; persino l’ineluttabilità del
trascorrere del tempo e la forza della natura, a cui siamo costretti a
piegarci, nulla possono contro l’amore: l’amore è più forte di tutto, da nulla
è vinto e a nulla si piega (pag. 26).
Nella poesia
di Cinzia trovano voce anche gli affetti
familiari,con accenti di intensa commozione; si intrecciano a volte con il tema
della morte (In te, nella tua tomba \ mi distesi, padre…\ e mi gettai nel vuoto
\...e nel viaggio mi ritrovai molecola \ e atomo \ …e quando giunsi a valle
divenni erba \ e – ti vidi – padre \ affianco a me, anche tu germoglio.),
intesa come “ il riflesso della luce “,
nel ciclo perpetuo della vita in cui nulla si crea e nulla si distrugge ma
tutto si trasforma. È questa la sezione della poesia di Cinzia la più vicina al
pensiero
lucreziano liberato dal peso del sensismo materialistico per trasformarsi in
panismo decadente e dannunziano: sentirsi parte del tutto si sublima in una
preghiera di grazie in un rinnovato cantico delle creature, che sottende una
fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di costruire un futuro migliore, in cui sia possibile fuggire la banalità di
rassicuranti apparenze, per cercare le soluzioni ai problemi che da sempre
affliggono l’umanità, soluzioni che ci siamo lasciati alle spalle per cecità o
pigrizia.
Dal male e
dal dolore può nascere il bene – afferma
Cinzia – facciamogli spazio per prepararci a cogliere nuovi sorrisi e ascoltare
nuove melodie: “ Io preferisco la gioia (pag. 40 )”.
ROMA 31
marzo 2017
DANIELA IODICE
Intensa lettura,analisi profonda come solo un"altra poetessa può fare, come solo chi intende la poesia in quanto lente unica per decodificare la realtà,sa fare.
RispondiEliminaHai perfettamente ragione Annamaria. La nota di lettura di Daniela Iodice si caratterizza non solo per l'aspetto critico, ma anche e soprattutto per la sensibilità di cogliere aspetti e particolari visibili solo a un poeta. Quando leggo ciò che ha scritto mi commuovo infinitamente, non per orgoglio, ma per il senso di gratitudine verso la vita che mi ha privilegiato così tanto da farmi incontrare persone, donne così speciali come Daniela e te. Cinzia
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