QUESTO NIENTE
La casa delle fate è un libro crudo e duro,
tristemente angoscioso, ma nel quale sono presenti anche delicate
tenerezze e una comprensione triste davanti all’abbandono senza ritorno. Due
parole non dette – due sentimenti – scorrono
sotto il libro: pietà e rimorso.
Il libro non presenta complicazioni tematiche:
la prima parte è la descrizione dolorosa di una casa di riposo per donne anziane
dove, ottuagenaria e diabetica, ha dimorato la madre dell’autrice negli ultimi
due anni di vita; la seconda verte sul decesso e sulla sepoltura della madre e,
nella terza, nel dopo, si trovano i
ricordi tristi e le riflessioni sulla riconciliazione postuma.
Nella prima parte, è il dolore della figlia, che
è diventata madre di sua madre, e che vede intorno a sé anziane che soffrono di
ogni specie di malattie e degradazioni fisiche e mentali. Molto vicina,
ronzando sempre intorno, dà loro la caccia la Signora Morte.
Si sente nella casa di riposo il trascorrere
delle “giornate tutte uguali”, i giorni inutili, i giorni buttati nel vuoto.
“Non ci sono luoghi dove racchiudere” il paradiso. Giorni in cui si vede la
televisione, si mangia, si aspettano i parenti (che molto probabilmente non
verranno) o si va a letto a qualsiasi ora per assentarsi dalla propria assenza.
O detto da Cinzia impeccabilmente: la vita è “questo niente”.
Delle età che ci tocca vivere, quella della
madre qui è il tempo rotto dell’ultima vecchiaia. Crudo e duro, il libro
mostra, tuttavia, che persino nell’ultima frontiera della vita si possono
trovare finestre che guardino verso il giardino, il bosco, il cielo. Quel
giardino, quel bosco e quel cielo sono i ricordi splendidamente spezzati della
fanciullezza e della gioventù che si vorrebbero vivere nuovamente, come quello
dell’anziana che si veste per andare al mare. Che l’erba appassita torni al suo
verde originale. Ma a volte persino i ricordi sono imprecisi o semplicemente
cadono in un pozzo dove non si vedono. A volte si sente come se nessuna sapesse
chi è e se è qualcuna.
Tuttavia Cinzia trova anche un modo per dare
alle anziane un qualche conforto e sollievo leggendo loro delle poesie. Nell’ascoltarle,
le donne sono prese da improvvise illuminazioni o sensazioni che credevano
perdute.
Nel libro ci sono scarsi compiacimenti.
Angoscioso, il luogo è di un bianco abbagliante e il letto della madre, come
tutti, “anonimo e impietoso”. Paradossalmente
ironico è il titolo della raccolta, La
casa delle fate, come la madre battezza la deprimente casa di riposo.
L’ultima sezione, il dopo il decesso, non è meno triste e a momenti macabra
nell’immaginare la disintegrazione del corpo della madre. Tuttavia, a poco a
poco, col trascorrere del tempo, arrivano la rassegnazione e la quiete. Nella poesia
che chiude la raccolta, già trascorsi i vari momenti, Cinzia riassume nell’ultimo
sguardo della madre tutto il loro rapporto, quell’ultimo sguardo “dove sono
tutte le parole che non ci siamo mai dette”.
Non era facile la prova, ma Cinzia Marulli l’ha
superata: ha fatto con un tema che a molti sembrerebbe sgradevole un ottimo
libro di poesie che commuove il cuore del lettore.
Marco Antonio Campos
Città del Messico, gennaio 2017
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