Accade ormai di rado che un libro di
poesie svegli e alimenti quella sete di metafisica che ancora oggi, sia pur
mascherata dalla velocità e opacità del quotidiano, è ancora ben presente
nell’interiorità di chi legge.
Forse oggi non resta che l’immaginario
di un poeta a compiere il tentativo di restituire quelle orme di senso da
sempre inseguite. E in questa raccolta dall’emblematico titolo Percorsi, Cinzia
Marulli segue il suo cammino esistenziale e di pensiero costellato dalle
domande di sempre e offre le sue personali , nitide risposte. Lo fa modulando
un canto dell’essere e del morire sulleproprie corde più genuinamente sincere e
quindi più sensibili, capaci di toccare in profondità i recettori poetici di
chi sa disporsi in empatia con i suoi testi.
La raccolta mostra già nel primo
testo un’apertura arresa al mondo dell’inconoscibile come disposizione a tutto
ciò che – di sicuro benevolo,anche se oscuro -, investe la vita e la plasma,
lungo questa mia strada che non conosco/ma non mi importa/mi piace il vento/ e
il suo trasporto. Appaiono, le poesie, tratti di un volo che , come afferma
Jean Portante nella sua densa prefazione, tende verso l’alto, ma insieme
avverte il bisogno di radicamento nella terra. Ed è proprio questo continuo
rimbalzare dello sguardo dalla luce di una verità che non si lascia afferrare
alla foschia che sale dalla terra con i suoi affanni, che conferisce ai testi
un’impronta di amara malinconia, che però non assume mai il profilo di una
resa. Metafore dal mondo della natura come sorgenti, radici, petali,
clorofilla, comunicano un desiderio intenso di rigenerazione nella pace e pure
di silenzio, così indispensabile all’ascolto. Eppure sento un sorriso
avvicinarsi /l’abbraccio invisibile della luce trafiggere il buio. Come non
avvertire in questi versi, e poi ancora lungo le successive pagine, un soffio
di moderno misticismo che mescola l’amore per la natura sentita come entità
sacra, con la disposizione all’abbraccio cosmico – la parola abbraccio ripetuta
spesso nei testi – Si intravede chi scrive come colei che si guarda e ci guarda
vivere, sostiene lungo il cammino e medita e indica, anche con toni lievemente
gnomici: c’è qualcosa che va oltre noi…/qualcosa che ci avvolge tutti, e
sprona: cerchiamo invece la bellezza in ogni cosa, in ogni volto…/ Che
l’abitare il mondo avvenga” poeticamente” è acquisizione ben nota già da
Holderlin, ma qui il tema attraversa quasi ogni stanza della silloge con grande
forza incisiva.
Colpisce la consapevolezza della fine
come essenza costitutiva del viaggio, raffigurata nell’ombra che come un alter
ego sapiente precede il nostro moto, gira l’angolo prima di noi, quasi
esortando ad una più meditata riflessione, prima di ogni azione. Sogni e
ricordi (orme indelebili lasciate dai familiari scomparsi) sono i cartelli
tematici disseminati lungo il percorso, che sostengono nell’accettazione del
dolore e nella lotta contro il tempo. Scontro quest’ultimo che si risolve solo
con il voler camminare insieme e nel “non perderlo (il tempo)appresso al niente”.
Un’altra luce di questa limpida
scrittura proviene dai lampi di una religiosità che ha portato la poetessa
lungo il cammino per eccellenza, quello di Santiago, e che le fa pronunciare
una intensa sequenza di versi contro ogni contrasto, ogni guerra. La coscienza
civile di Marulli è vivissima e brucia. Così l’allarme dell’oggi sulle grandi
tragedie umane non può che erompere in forte grido contro la nostra
indifferenza
verso l’orrore che si consuma lontano
da noi. Il grido di sale è la poesia che dovrebbe essere affissa dovunque sui
muri , dovunque ci siano occhi capaci di leggere.
E con un salto inaspettato sul
versante formale, si apre in prosa la scena, di grande impatto emotivo, di
un’Amina mutilata da una tradizione folle asservita al dominio maschile. Un
esempio da diffondere contro tutte le forme di ignoranza del pianeta, ancora
vive e cariche di violenza.
L’ultimo traguardo, quello
indicibilmente avvolto nel mistero, soglia coraggiosa per chiunque in poesia
voglia scriverne, si raggiunge negli ultimi testi con uno straordinario senso
di accettazione, quasi perfino sorridente, teso a confortare chi rimane. E’ la
sicurezza di una sopravvivenza nell’oltre affatto solitaria, visto che la
poetessa si vede vigile e ben presente, seduta lì,-insieme a voi .
Da
annotare, infine, che riguardo agli aspetti stilistici e formali, la poetessa
resta volutamente distante da ogni diatriba sulla necessità o non necessità di
sperimentare, di aderire o no a (quale?) tra le infinite tendenze poetiche
attuali, etc. Cinzia Marulli segue solo il proprio “dittare dentro” con le
modalità e l’afflato che spontaneamente conseguono, in una forma che
semplicemente si autoassesta ed elabora la sua efficacia.Annamaria Ferramosca
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