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martedì 20 dicembre 2016

Maurizio Soldini su "Percorsi" (Ed. La Vita Felice)

Maurizio Soldini su “Percorsi” (La Vita Felice 2016)
Pubblicata su Avvenire – 20 dicembre 2016


Questa nuova silloge di Cinzia Marulli fa il punto su parola e vita nell’orizzonte in cui si tracciano quei percorsi, - il titolo della raccolta è appunto "Percorsi " - che in qualche modo tentano di ricucire gli strappi dell’assenza con la presenza. La vita ha un incipit ma anche un exitus. Ecco il dato di fatto. Sembrerebbe allora che ancora una volta abbia ragione Heidegger, quando afferma che l’uomo è un essere per la morte. Ma qui la poeta lo contraddice nei termini, dal momento che attraverso l’excursus dei suoi vissuti, tra andate e ritorni, percorsi con buone suole, mette in tutta evidenza come sia possibile non solo la vita per la vita, e quindi non per la morte, ma come anche per paradosso la morte sia per la vita. C’è qui indubbiamente un senso di latente malinconia e di nostalgia per il tempo che passa e che fa ombra su cose e persone. In particolare le persone più care, come la madre e il padre, a cui sono dedicati diversi passaggi nell’attraversamento esistenziale di questi percorsi. In questa poesia, di primo acchito, sembrerebbe essere davanti a una lirica pura, riferita a una dimensione del tutto personale di quel passaggio, che spesso sembrerebbe rasentare una metafisica insoluta. In questi percorsi, invece, ogni lettore ritrova la concretezza della propria condizione che sta tutta nell’universalità della condizione esistenziale dell’uomo così come rappresentata dalla poeta. Concretezza, universalità e realismo integrale - nel senso che fisica e metafisica trovano il giusto connubio – fanno di questi versi quell’autentica poesia, che a fronte di un novecentismo ormai superato ci indicano il percorso che la poesia contemporanea è quasi obbligata a fare nella ricerca di un senso che giustifichi in qualche modo l’esistenza a vanificare nichilismi di ritorno come quello heideggeriano o come altri nichilismi sposati molto bene a sperimentalismi minimalisti che si crogiolano del solo materialismo. Nei versi della Marulli c’è, invece, l’apertura alla vita e alla sua pienezza d’essere, alla bellezza della vita e alla speranza che questa vita e questa bellezza permangano al di là della morte. In questo gioca un ruolo particolare la parola poetica che con i suoi percorsi tenta i sentieri della permanenza o meglio di una eternità che contrasti e vanifichi l’assenza, ergo la vita che vince sulla morte. La luce che spiazza le ombre e porta con i suoi percorsi alla radura di rinascita. La luce… questa luce che è una costante della silloge. “È qui che risiede la soluzione/ nel senso primordiale dell’essere”. E quindi non fermiamoci ai lati d’ombra, ma “cerchiamo invece la bellezza in ogni cosa, in ogni volto/che la luce fa sparire il buio/ affievolisce il rumore e ci immerge in un’armonia di note/ ed è dolcissimo, credetemi, addormentarsi sotto la chiara luce del bene”. E allora c’è sempre un surplus di ottimismo nella speranza, perché i percorsi solo apparentemente hanno una conclusione e già tracciano sentieri di senso per il futuro: “Nell’apparente conclusione di un percorso/ si sfiorano i sentieri del domani”. Anche se permane il mistero dell’oltre: “Lo sai cosa c’è oltre?/ A volte credo di averlo fatto il viaggio/ ma non so se era immaginazione// certo, il sogno porta nella luce// ma io ragiono con la misura della terra/ e non so comprendere/ il senso bianco delle nuvole”.

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