Cerca nel blog

martedì 12 luglio 2011

Annamaria Ferramosca su Agave di Cinzia Marulli

Commento tratto da Neobar di Abele Longo


Entro in questa stanza dopo un paio d’ore dall’aver incontrato Cinzia, parlato per la prima volta a lungo con lei come rivivendo una sorellanza rimasta sconosciuta in tutti questi anni, ma che oggi ha preso consistenza calda dalla sua vicinanza. Avevo letto Agave e gliene avevo parlato, e ne dico qui, ora che le maglie della sua poesia trovano ancora più senso nella luce che emana dai gesti, dalla sua vita raccontata. Trovo profondamente vera l’asserzione di Maria Grazia Calandrone in prefazione: in Cinzia non c’è distanza tra la vita e i testi. E’ questo il senso profondo dello scrivere, così semplice, eppure così arduo per i più, così labile. E anche se Cinzia, umile ed esageratamente severa con sè stessa prende un po’ le distanze dall’andamento stilistico , questi suoi versi d’esordio incantano per limpidezza espressiva, in quel suo voler abbracciare e offrire la totalità delle proprie visioni e dei sentimenti, come accade spesso nelle prime raccolte. Ed è una scrittura che sentiamo intensa e vicinissima, che attraversa con profonda sincerità il turbinare dei giorni di una donna, il suo sentirsi figlia e madre. una donna che prende coscienza e insieme indica- con leggerezza- nella simbologia dell’agave, il nostro effimero destino. Si resta con la voglia di leggerla ancora.

Nessun commento:

Posta un commento